Intervista dall'Europa #117 18 luglio 2022

INTERVISTA ESCLUSIVA A PAOLO LEVI

Corrispondente a Parigi per l'agenzia di stampa italiana ANSA

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

 

A RIVEDER LE STELLE

 

Sei cresciuto a Roma e vivi a Parigi da diversi anni, sei italiano e decisamente europeista. Come conciliare queste diverse identità?

Le mie tre identità, romana, perché nel mio paese sei prima legato alla tua città, ma anche italiana ed europea, sono assolutamente complementari. Queste sono le stesse radici, la stessa cultura che trovo ovunque. A Parigi tutto mi parla di Roma e a Roma tutto mi parla di Atene; quando vedo la Chiesa della Madeleine penso al Partenone e ai templi che furono poi eretti in Italia. Esistono, certo, differenze tra noi, ma queste differenze sono la nostra ricchezza, poggiano su una base di valori comuni. È lo stesso movimento di civiltà che iniziò con Platone e che è giunto fino a noi, non si possono cantare le lodi di Rabelais senza conoscere Dante, non si possono cantare le lodi di Kant senza conoscere Platone. Ho avuto la possibilità di viaggiare molto in Europa e ho potuto constatare che ciò che ci univa era molto più importante di ciò che ci divideva. Sta a noi trasmettere il messaggio di Simone Veil che, dopo aver vissuto l'orrore dei campi, ha scelto la riconciliazione franco-tedesca e la speranza europea. Con la guerra di Putin, l'ideale dell'Unione Europea - "mai più guerra" - è in pericolo. Non possiamo rimanere indifferenti: spetta a tutti difendere i valori che ci costituiscono. Le 12 stelle dell'Unione Europea devono indicarci la strada.

Cosa metti in questa base di valori comuni?

La Libertà, lUguaglianza, la Fraternità, i valori dell'Illuminismo che si sono irradiati ben oltre i confini europei, le nostre radici giudaico-cristiane. Aggiungerei la laicità, il pluralismo, la parità di genere, la difesa delle minoranze e la democrazia, che è il nostro bene più prezioso. Le nuove generazioni che ci sono nate, che ci sono cresciute, devono sapere che nulla è mai acquisito. È come l'aria che respiriamo: ci rendiamo conto di quanto sia vitale quando inizia a mancarci. Questa base di valori comuni riguarda anche una certa “arte di vivere”. La cultura della condivisione, il gusto del dibattito, lo spirito critico sono parte di una tradizione europea. I caffè, le piazze, le strade a misura d'uomo, il nostro paesaggio così ricco e mutevole in così poco spazio, l'attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità, tutto questo ci definisce e forgia la nostra identità. Questa coscienza europea deve risvegliarsi: non riconoscerla è come negare una parte di noi stessi. E dobbiamo garantire che il progetto europeo sia accessibile a quante più persone possibili, attraverso l'istruzione, la scuola, gli scambi, l'Erasmus o il servizio civico europeo. Umberto Eco diceva: "È pazzesco, quando vado a New York, in Giappone, in Cina, mi trattano come europeo, l'unico posto dove non mi riconoscono come tale è l'Europa!". Il problema viene anche da chi usa l'Unione Europea come capro espiatorio. È un meccanismo che può avere un interesse politico a breve termine. Ma, alla lunga, ci stiamo sparando sui piedi, a beneficio delle altre grandi potenze.

L'Unione europea spesso rimane poco percepita o fraintesa. Come promuovere il senso di appartenenza dei cittadini?

A un certo punto abbiamo smesso di essere noi stessi, magari facendo entrare paesi che, come il Regno Unito, non condividevano pienamente il nostro approccio e ci siamo persi lungo la strada.

Dagli anni '70 e '80 e fino al 2014 abbiamo costruito un'Europa liberale ispirata a un modello anglosassone che non corrispondeva del tutto al nostro progetto iniziale, abbiamo compiuto un cammino enorme. Tuttavia, il progetto europeo non può essere solo economico. Accanto a un mercato, abbiamo bisogno di uno spazio politico, di una dimensione spirituale e culturale. Per riaccendere la fiamma europea, dobbiamo riconnetterci con lo spirito originario dei Padri Fondatori. L'Europa è la culla dello Stato sociale, uno Stato in prima linea nella riduzione delle disuguaglianze. Ma lo Stato non può fare tutto, spetta anche alla società civile contribuire a questa costruzione creando legami transnazionali. Con le nuove tecnologie e la democratizzazione dei trasporti, questo sta divenendo sempre più facile. L'Europa è un'orchestra formidabile in cui ogni paese è una specie di strumento: tutti questi strumenti devono accordarsi per suonare la stessa musica. Una cosa mi stringe il cuore: in rue de Verneuil a Parigi, i passanti fotografano sempre la casa di Serge Gainsbourg, ma nessuno si ferma di fronte, al numero 6, davanti alla casa di Robert Schuman. Eppure Schuman fu un genio come Gainsbourg: è stato a suo modo un musicista, ha creato armonia e concordia in Europa, ha dato il "la" con la solidarietà di fatto. 77 anni di pace ininterrotta contro 1000 anni di guerre fratricide.

 

La crisi che stiamo attraversando può davvero rafforzare l'Unione Europea?

La storia ci dice che ogni crisi annuncia un Rinascimento. Nonostante il periodo difficile che stiamo attraversando, rimango ottimista nel senso che la pandemia è stata un acceleratore. È come se fossimo finalmente usciti da una forma di sonnambulismo. Nasce una grande speranza. L'edificio europeo ne esce molto più solido di quanto pensiamo. L'adozione del piano di risanamento, il 21 luglio 2020, è stata un momento storico. Dopo trent'anni di tanto denigrato “ipermercato” in Europa, abbiamo finalmente gettato le basi di quella che sembra essere una nuova forma di fraternità europea. Sembra che stia emergendo un'Europa più politica, sociale e solidale. È caduto un tabù! Una cosa mi stupisce: da giornalista mi sono occupato, in questi anni, di manifestazioni contro l'austerità a Parigi, a Roma, ad Atene. Nessuna era riuscita a cambiare la situazione. Ora l'Europa è riuscita nella sua scommessa, ma nessuno le è grato. In questa fase, però, è un ballon dessai, il piano di ripresa è legato alla pandemia; la vera sfida sarà farne uno strumento strutturale che potrà declinarsi in tutti i settori. Per l'Italia è una specie di test, perché essa ne è il principale beneficiario con 200 miliardi di euro e ha interesse a spendere bene questi soldi. I “frugali” ci tengono gli occhi addosso: se funziona, potremmo pensare di perpetuare questa nuova forma di solidarietà su scala continentale, altrimenti sarà un colpo a vuoto. Ma tutti noi abbiamo interesse a restare uniti, come hanno fatto Francia e Italia durante la pandemia. Dopo aver attraversato una delle crisi diplomatiche più gravi della loro Storia, questi due paesi fondatori dell'Unione Europea hanno agito come se formassero un'unica Repubblica, riuscendo a convincere i loro partner, Germania compresa, che era giunto il momento di porre fine a una Europa eccessivamente austera. Certo, le finanze pubbliche sono importanti ma non possono costituire la pietra angolare del nostro progetto che è, soprattutto, un progetto umanista e di civiltà.

La coppia franco-italiana può essere un'alternativa al motore franco-tedesco?

Non c'è Europa senza coppia franco-tedesca. Essa si è costruita sulla riconciliazione tra Parigi e Berlino e non è un caso che la sede del Parlamento europeo sia a Strasburgo, questa città cerniera tra due paesi che si sono tanto combattuti e che si sono riconciliati. Ma, mentre questo ingranaggio del motore europeo è fondamentale, non è tuttavia sufficiente per affrontare le sfide che questo nuovo millennio ci pone. Seconda e terza economia della zona euro, lItalia e la Francia possono dare un impulso alla costruzione di un'Europa più empatica e più vicina ai cittadini, cercando di trovare un equilibrio con una serietà di bilancio altrettanto necessaria. La firma del Trattato del Quirinale a fine 2021 o il rilancio dello storico gemellaggio tra Roma e Parigi rafforzano questo movimento. Sottoscritta nel 1956, l'unione tra la Città Eterna e la Città della Luce anticipava di un anno i Trattati di Roma firmati il ​​25 marzo 1957 dall'Europa dei Sei nella Sala degli Orazi e dei Curiazi in Campidoglio. L'uscita del Regno Unito, che non ha mai voluto veramente partecipare a questo progetto politico, è una straordinaria occasione per riconnetterci con la nostra essenza profonda.

Paese fondatore, l'Italia è da tempo uno degli Stati membri più filoeuropei. Ma negli ultimi anni i suoi sentimenti europei hanno avuto alti e bassi.

L'Italia ha vissuto un ondeggiamento euroscettico nel 2013 con la crisi economica e questa sfiducia è poi andata in crescendo, con la crisi del debito, poi con la crisi migratoria, dove si è sentita abbandonata e “tradita” dai suoi alleati storici. Lei, così filoeuropea, che tanto aveva contribuito alla costruzione europea con grandi personalità come Alcide De Gasperi o Altiero Spinelli, provò una grande frustrazione, come una forma di delusione amorosa. Ciò si è riflesso alle urne con la vittoria dei populisti, ovvero il Movimento 5 stelle (M5S) e la Lega. Dopo l'adozione del piano di ripresa, gli italiani, riuniti intorno a Mario Draghi, sono in parte ridivenuti gli euro-entusiasti di un tempo. Ma tutto ciò rimane fragile. L'attuale crisi politica, con le dimissioni di Mario Draghi, subito respinte dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ce lo ricorda in modo lampante. In un contesto così delicato per l'Italia e per l'Europa,  l'unità dovrebbe prevalere sui calcoli elettorali e sulla politica dei partiti, che sono un vantaggio per Vladimir Putin. Anche Matteo Salvini, che era il più antieuropeo per convenienza politica, ha drammaticamente rivisto le sue posizioni e sostiene il governo di unità nazionale. C'è da dire che i suoi elettori sono anche le piccole e medie imprese del nord Italia, i cui primi clienti sono Francia e Germania! L'unica che continua a tenere un discorso molto nazionalista è Giorgia Meloni, astro nascente dell'estrema destra, a capo di Fratelli d'Italia e convinta postfascista. Il problema è che i nazionalisti vorrebbero riportarci indietro di 70 anni: ci vendono delle nazioni in “mono” contro un'Europa ormai in “stereo”. Capisco la moda dell'usato e dei vinili: ma non si può trasformare il "vintage" in un modello di società. Piuttosto che dividere, dovremmo approfittare dei prossimi mesi per realizzare due riforme cruciali: la revisione del Patto di stabilità e crescita e la fine del veto in Europa. Non c'è autonomia europea possibile con la regola dell'unanimità, perché così si corre sempre il rischio di avere un cavallo di Troia, come Viktor Orban per esempio. Sono favorevole alle liste transnazionali alle prossime elezioni europee del 2024 per rafforzare la nostra democrazia e partecipare all'avvento di un vero dibattito pubblico europeo.

Nuove minacce incombono sulla zona euro: inflazione, rischio di recessione, aumento dei tassi d’interesse. Che cosa consigli per riformare il Patto?

Le regole attuali, 3% di deficit - che contribuiscono ad alimentare la frustrazione anti-europea - e 60% di debito, sono troppo rigide e ormai obsolete. Sono necessarie regole più flessibili, più orientate al DNA dell'Europa, che ha un urgente bisogno di liberare il suo potenziale, attraverso la crescita e gli investimenti. Questa riforma del Patto di Stabilità e Crescita e la fine dell'unanimità su diverse questioni sono una questione di sopravvivenza; o lo facciamo, oppure ogni Stato membro diverrà in pochi anni un semplice satellite degli Stati Uniti, della Cina o della Russia. È ora o mai più, nel senso che siamo davvero giunti alla fine di un ciclo. In molti ambiti si assiste a un forte ritorno dell'Europa: non c'è motivo per cui essa non debba essere una grande potenza. È il continente più ricco del mondo, un modello per molti paesi. Quando sono uniti, saldi, solidali, gli europei sono più forti. L'Unione Europea è "il più grande progetto politico nella storia dell'umanità", diceva Antonio Megalizzi, il giovane giornalista italiano morto sotto i colpi del terrorismo nel 2018 al mercatino di Natale di Strasburgo. Critichiamo molto l'Europa perché spesso la consideriamo come un qualcosa di realizzato. Ma l'Europa è un work in progress, con i suoi difetti e le sue mancanze. È un progetto in perenne costruzione. Ogni generazione può e deve fare la sua parte perché tutte le battaglie attuali, siano esse climatiche, digitali, industriali, etc., sono più efficaci su scala europea.

Lo status ufficiale di candidato all'Unione Europea è stato appena concesso a Ucraina e Moldova. Cosa ne pensi del progetto di una comunità politica europea che consenta ai paesi impegnati in lunghi negoziati di adesione di essere più strettamente associati?

L'architettura europea è complessa e a volte è un vero rompicapo capire come funziona. Quindi non c'è bisogno di complicarla ulteriormente e non sono molto convinto di questa idea di comunità politica europea. D'altra parte, è importante, ed è un segnale forte, aver concesso lo status di candidato all'Ucraina, anche se sarà importante prendere il tempo necessario per completare i 35 capitoli negoziali. Il destino europeo dell'Ucraina è iniziato prima, a metà marzo, quando il Paese si è staccato dalla rete elettrica russa e si è connesso alla rete europea. Poco dopo l'inizio dell'invasione russa, l'Ucraina e l'Europa si sono date fisicamente la mano, unendosi l'una all'altra.

Ma questo riavvicinamento non rischia alla fine di porre una sfida molto grande per l'Unione Europea?

È ovvio che non potremo avere le stesse ambizioni o raggiungere gli stessi traguardi, che si sia 27, o 33 o 35, o 6 o 12. Questo non ci impedisce di creare una comunità di valori e di destino, con le istituzioni esistenti. Ma se vogliamo sopravvivere, dovremo preparare uno zoccolo duro capace di costruire l'Europa politica, con i paesi fondatori, la Spagna, il Portogallo e la Grecia, o a livello della zona euro. Questi paesi hanno la maturità necessaria, sono pronti a fare il salto. Possono cominciare a pensare a una forma di federalismo e porsi come guide, per indicare la strada, da nuovi pionieri, riprendendo la strada indicata dai Padri Fondatori alla fine della Seconda Guerra mondiale. Gli altri Stati membri sono i benvenuti, a condizione che condividano non solo i vantaggi di questa appartenenza, ma anche i doveri e i valori, in particolare in termini di Stato di diritto e di pluralismo. Sarà inoltre necessario fare in modo che chi sta fuori non blocchi chi vuole andare avanti, perché non c'è alcun motivo per cui chi vuole una maggiore integrazione sia impedito da chi è riluttante. L'Italia è pronta a questo salto federale perché lo ha già fatto in casa propria: gli Italiani sono convinti che se siamo riusciti a mettere insieme un torinese e un palermitano, possiamo mettere insieme anche un ateniese e un parigino, un berlinese e un romano. La mia Europa ideale non è affatto una megastruttura, un mastodonte tecnocratico dove tutto si deciderebbe solo a Bruxelles: è delegare i poteri all'Unione Europea dove, insieme, possiamo essere più efficaci, ma significa anche dare più potere a territori e a regioni. Questo potrebbe contribuire a calmare le frustrazioni. Si dovrà trovare un compromesso tra le diverse culture e le diverse sensibilità.

L'Europa di giugno 2022 è molto diversa da quella di gennaio 2022, ha affermato Emmanuel Macron, a Bruxelles, durante il Consiglio europeo. Sei d'accordo?

In termini di integrazione europea, il vero cambiamento è iniziato molto prima della guerra in Ucraina. Un primo passo è avvenuto nel luglio 2012, durante la crisi economica e finanziaria, quando Mario Draghi, allora Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), si disse pronto al whatever it takes , “qualunque cosa serva”, vale a dire, per proteggere l'euro dalla speculazione internazionale. Da quel momento in poi, la moneta unica era salva. Una seconda fase di accelerazione si è verificata durante la pandemia di Covid, con il piano di ripresa NextGenerationEU e la nascita di un'Europa della Salute. Nonostante un inizio complicato, il piano di vaccinazione è stato un successo, è stato messo in atto in modo spettacolare e rapido. La terza fase è quella che stiamo vivendo ora con il ritorno della guerra nel cuore del nostro continente, che mostra come la pace non si acquisisca mai in modo duraturo, e con la consapevolezza che dobbiamo essere più uniti che mai. La difesa dei nostri valori diventa più importante di ogni altra cosa. Al momento, si decide il futuro dell'Europa per i prossimi anni: abbiamo la scelta tra superare le nostre divisioni per unirci o rischiare di romperci definitivamente.

Questa guerra segna anche il forte ritorno della NATO e dell'ombrello transatlantico, in particolare nell'Est. Il progetto di difesa europeo non è indebolito da questo?

No. Gli anni di Trump hanno dimostrato che l'America è un partner fondamentale, ma che può cambiare priorità in qualsiasi momento. Ad esempio, l'estate scorsa, quando gli Stati Uniti hanno lasciato l'Afghanistan. Sarebbe quindi miope tornare allo status quo e non creare uno zoccolo duro di difesa europea più solido. Questa è la condizione per essere una vera potenza rispettata nel mondo. Questo può essere complementare alla NATO, ma l'Alleanza atlantica non basta più, l'Europa deve uscire dalletà dellinnocenza e divenire padrona del proprio destino, anche dal punto di vista militare. In questo campo sono in gioco problematiche industriali molto complesse. Si tratta di una sfida da raccogliere.

Questo è un tema che è spuntato come un serpente di mare dopo il fallimento nel 1954 del progetto di Comunità europea di Difesa.

L'esercito europeo non si costruirà di certo dall'oggi al domani: sarà costruito per “solidarietà di fatto”. La crisi ucraina avrà un effetto di acceleratore per la difesa europea. È già necessario razionalizzare il settore, riorganizzarlo, sviluppare le sinergie, evitare le duplicazioni, individuare le aree in cui ogni Paese può essere più efficace. La Francia è in prima linea nel nucleare e negli aerei da caccia, l'Italia potrebbe avere altri asset, ad esempio nel settore navale. Ognuno potrebbe agire là dove è più forte e metterlo al servizio della collettività europea. Ciò consentirebbe di realizzare economie di scala e di essere più efficienti, dunque operativi. Ma ciò richiede la fiducia reciproca. Vengono regolarmente organizzate esercitazioni militari congiunte tra Francia e Italia. La fiducia dovrebbe essere la stessa tra tutti gli Stati membri.

I prossimi mesi si annunciano molto difficili, con la minaccia russa di chiudere il rubinetto del gas e il rischio di una crisi alimentare. Come rispondere?

L'Europa dovrà ancora mostrare solidarietà e unità e creare scorte energetiche comuni, per garantire la sua autonomia strategica a lungo termine. A medio termine, l'unica via d'uscita dalla dipendenza russa sarà l'importazione di gas naturale liquefatto (GNL); l'Italia è così riuscita a ridurre le consegne di gas russo dal 40 al 25%. Tutto questo si sposa perfettamente con il Patto Verde e lo sviluppo delle energie rinnovabili. La Storia ci sta inviando segnali potenti per pensare a un nuovo modello di solidarietà e sostenibilità. La mutualizzazione del debito è lo strumento più sicuro per far fronte a tutte queste turbolenze, compresa la perdita del potere d'acquisto. Poiché condividiamo gli stessi valori, non c'è motivo per non andare avanti insieme, mano nella mano; perché dividersi significa fare il gioco dei nostri rivali internazionali che non condividono i nostri valori. In tempo di guerra, dobbiamo unirci e cercare di superare le divisioni, liberarci per un momento dai nostri rispettivi ego per partecipare insieme alla costruzione di qualcosa di più forte della somma delle nostre individualità. D'ora in poi, è in gioco il nostro destino nazionale ed europeo. Qualsiasi forma di patriottismo richiede una dimensione europea. "Uno per tutti, tutti per uno", il motto dei Tre Moschettieri, non è mai stato così attuale. L'Unione Europea fa la forza. È giunto il momento di riaccendere le stelle!

 

Intervista condotta da Isabelle Marchais

 

La FONDAZIONE ROBERT SCHUMAN, creata nel 1991 e riconosciuta di pubblica utilità, è il principale centro di ricerca francese in Europa. Sviluppa studi sull'Unione Europea e le sue politiche e ne promuove i contenuti in Francia, Europa e all'estero. Provoca, arricchisce e stimola il dibattito europeo attraverso le sue ricerche, le sue pubblicazioni e l'organizzazione di convegni. La Fondazione è presieduta da M. Jean-Dominique GIULIANI.

 

 

DIRE FARE LIMONI in cortile |

Il Polo del ‘900 apre un nuovo spazio gratuito, a disposizione di giovani, ricercatori, lavoratori: il cortile di Palazzo San Daniele diventa un grande spazio all’aperto per studiare, lavorare, incontrarsi e far crescere idee e progetti.

Un allestimento rinnovato, verde e sostenibile con oltre 40 postazioni e uno spazio per eventi, presentazioni e incontri, aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì (dalle ore 17.00 alle ore 21.00) e sabato e domenica (dalle ore 10.00 alle ore 20.00).

Un’area verde nel cuore della città dove studiare, leggere e incontrarsi, attrezzato con postazioni studio, un palco per eventi e un angolo bookcrossing per lo scambio gratuito di libri.

Il cortile del Polo sarà aperto da lunedì a venerdì dalle 17.00 alle 21.00, sabato e domenica dalle 10.00 alle 20.00, con accesso libero e gratuito.

Firmano l’allestimento Erker Studio in collaborazione con Turin Garden.

Inaugurazione martedì 19 luglio alle ore 18.00 (Via del Carmine, 14) alla presenza del neopresidente Alberto Sinigaglia e del nuovo Consiglio di Amministrazione. Segue il live set del musicista polistrumentista Andrea Cilano.

 Le due strutture simmetriche di Palazzo San Celso e Palazzo San Daniele8.000 mq di superficie dei Quartieri Militari juvarriani, sono affidati alla Fondazione Polo del '900 e al proprio interno si possono trovare un museo, una mostra permanente ("Torino 1938 - 1948"), una biblioteca con due sale lettura, uno spazio polivalente per eventi, mostre temporanee e performance, tre aule per la didattica, un'area per i bambini, sale conferenze, un minicinema, 300.000 monografie, 28.000 audiovisivi, 127.600 fotografie.

 

 

Realizzati su progetto del Primo Architetto di S.M. Filippo Juvarra (1678-1736), commissionato dal sovrano Vittorio Amedeo II, i Quartieri Militari di Torino rappresentavano lo sbocco verso occidente della città capitale, situati all'esterno delle mura difensive del capoluogo piemontese. I due grandi isolati porticati erano adibiti a caserme, con la piazza d’armi quale spazio aperto, mentre la retrostante piazza Susina (attuale piazza Savoia) fungeva da cerniera con la città antica. A Ignazio Birago di Borgaro invece si deve l’inserimento del piano attico, aggiunto solo nel 1768.

 

La realizzazione di un nuovo perimetro della fortificazione del 1702, portò sin dal 1711 al piano di ingrandimento della capitale e al delineamento degli isolati da parte dell’ingegnere Michelangelo Garove (1648-1713), Primo Architetto del duca, poi re, Vittorio Amedeo II (1666-1732). E’ quindi all’interno di un piano urbanistico e territoriale già fortemente definito che si inserì l’intervento di Filippo Juvarra, chiamato a compiere lo sbocco occidentale della città nella logica della capitale di un regno. Nel realizzare tale progetto, egli si scostò, tuttavia, dall’idea garoviana di una porta urbana che prevedesse un monumento a cavallo della fortificazione, proponendo invece uno spazio urbano che fosse anche porta, quale piazza d’armi aperta, definita da due massicci edifici, i Quartieri Militari, pensati come caserme per l’ampliamento della guarnigione fissa di presidio alla capitale.

 

Progettati e realizzati tra il 1716 e il 1728, i palazzi di San Celso e San Daniele, sono da intendersi, oggi come ieri, come un unico fabbricato e dotati di un ampio porticato continuo. Sin dal 1729, Juvarra s’operò alla definizione di un programma di rettificazione della via che conduce ai Quartieri Militari, la contrada di Porta Susina o del Senato, definendo la saldatura monumentale tra la piazza di Porta Susina (oggi piazza Savoia) e i Quartieri, con sbocco proprio sulla contrada di Porta Palazzo. 

 

 

E pluribus unum. Ma davvero ce ne potrà essere solo uno, tra i tanti?

 

 

In modo particolare gli europei, ma in realtà i Cittadini del Mondo, ormai da mesi si stanno interrogando su tutto quanto sta accadendo. Molti, troppi, eventi: tutti segnati da profonde, profondissime, contraddizioni, menzogne che emergono come tappi di sughero dall’acqua, apparenti grandi verità e altrettanto palesi grandi falsità… E il bello (il brutto, in verità!) è che i mentitori – dai piccoli e mediocri bugiardi, agli ingannatori seriali (per intenderci quelli tutti seri, azzimati, abili affabulatori, soffusi da un’aura di credibilità, sempre sorridenti), per finire ai guitti – proseguono da tempo la propria nefasta azione senza che nessuno avversi la menzogna che è in loro e la distruzione che li segue, costringendoli a mettersi da parte ovvero a rispondere del proprio malfatto.

Non parliamo poi degli inesperti, degli inadeguati che possano essere piazzati in incarichi o cariche anche di rilievo: il guaio è che nessuno risponde, e quindi ‘paga’ per le proprie azioni! Persino chi – per carica o incarico – avrebbe delle responsabilità, ha chiesto delle clausole di salvaguardia giudiziaria, per non essere chiamato a rispondere delle proprie azioni! Un non senso: politico, giuridico, sociale, e forse persino costituzionale. E poi, magari, questi signori chiedono proprio ai Cittadini di assumersi delle responsabilità, mentre loro le evitano accuratamente! Un gesto incommentabile, persino vile!

Guerre (la terza Guerra Mondiale si è consumata dal 1945 a oggi: ora va in scena un nuovo tipo di conflitto, e ancora diversi saranno i successivi…); vai e vieni di virus; siccità; carestia; crollo dei mercati; altalena delle piazze finanziarie; falcidia dei risparmi; dilagante impoverimento; inflazione; svalutazione; recessione; rarefazione delle materie prime; balzo dei prezzi nel settore energetico; aumento dei prezzi dei beni di prima necessità; aumento della pressione fiscale; assoluta inadeguatezza dei servizi… e chi più ne ha più ne metta: il tutto calato in un’atmosfera di continua emergenza, di terrore instillato e gestito per obbligare a credere a una e una sola versione dei fatti, evitando ogni contraddittorio, con Cittadini costretti a subire pressioni schiaccianti, tali da minacciare la loro stessa sopravvivenza, la dignità di un lavoro onesto, mettendo in gioco la loro stessa quotidianità.

Sorpresa? Vera emergenza? O piuttosto un’abile, diabolica, architettura preparata da lunghissimo tempo e fatta scattare al momento (quasi) giusto, utilizzando soggetti già preparati preventivamente, addestrati e messi in condizione di arricchirsi velocemente per poter eseguire ciecamente gli ordini di un qualche burattinaio di turno? 

Qualcuno potrà dire: il/i solito/i ‘complottista/i’!

In verità l’unica ‘macchinazione’ veramente in essere è quella attuata dal ‘Club delle Tre Scimmiette’: quello cui aderisce la gente che non vuol vedere e non vuole ascoltare, e a cui – pian piano – è stata tolta la parola o la stessa voglia di parlare… Perché la realtà dei fatti e delle cose è posta prepotentemente, persino sfacciatamente, davanti ai nostri occhi: incontri, riunioni,relazioni, tra soggetti ai vertici della finanza, dell’economia e della politica mondiali, concretizzati in progetti, programmi, e – ormai – programmi esecutivi persino bellamente pubblicati, pubblicizzati e discussi. Dove obiettivi e ruoli sono ben chiari: nero su bianco, inequivocabilmente (salvo che per gli aderenti al ‘Club delle Tre Scimmiette’…). 

Allo stato attuale, ciò che sta avvenendo – e il modo in cui sta avvenendo – è  troppo attinente proprio a queste precise tracce, reali e concrete: tracce, orme, ben precise e speculari agli avvenimenti.

Per dirla in termini polizieschi, le ‘scene dei crimini’ perpetrati e le modalità di attuazione ci riconducono a ben precise volontà, a una esplicita premeditazione, alla presenza di connessioni e complici.

Persino le modalità attuative poste in essere sui diversi scacchieri, hanno dei format molto simili: dall’utilizzo di ogni sistema e mezzo di informazione (strumentale a ‘fare’, ‘costruire’ e ‘imporre’ verità ‘pilotate’ all’opinione pubblica), alla graduale ma costante privazione di diritti, alla imposizione di obblighi di ogni tipo.

Certo: la tensione è alta, l’incertezza alimentata da una continua confusione nonché dalla costante istillazione di timori e paure, sembra regnare sovrana: e questa è la chiave di lettura per spiegare il senso di impotenza che ai più stronca/ inibisce ogni reazione. Ma dai popoli si alza un mormorìo che dall’alto non comprendono: forse viene scambiato con il suono sommesso della rassegnazione.

Ma in molti temono che possa tramutarsi in quello più sordo ma intenso della rabbia. E per comprenderlo non ci vuole certo Pico della Mirandola…

Le notizie sono continue, ininterrotte, massivamente presenti, stordiscono chi non possa essere in grado di ben percepire, calibrare, fare la giusta selezione, soppesare; e inseguirle tutte è pressocché impossibile. Motivo per cui, il cronista non fa in tempo a mettere in fila le notizie che queste sono non solo superate, ma persino ‘vecchie’.

Unica via, a parere di chi scrive, è che il Lettore abbia una sorta di traccia personale che aggiorna di volta in volta con gli elementi che possa avere a disposizione.

Ecco… elementi: e ne possiamo fornire in abbondanza, specie di quelli non troppo noti – per non dire ‘bellamente ignorati’ dall’informazione che non informa a 360° - così che possiate farvi un’idea più completa.

Elementi… Guerra, cecchini, mercenari, travaso di uomini e leader da una nazione a un’altra con uomini ‘allevati’ nel brodo di cultura di ben precise agenzie, laboratori di bio-terrorismo, strani virus – e loro mutazioni – chiaramente ingegnerizzati, al pari delle presunte ‘cure’: una esplosione di situazioni.

Una propaganda massiccia, ma a senso unico al fine di attrarci nella sfera della psico-tragedia in cui la stessa semantica delle parole giova a mascherare le reali volontà, la stessa verità dei fatti: gestiti in un modo tale da crearci una vera e propria ‘dipendenza’.

Come dicevo, per persuadere quello che per lorsignori è ancora il ‘popolino’ basta applicare le tecniche di comunicazione: martellarlo con versioni dei fatti accuratamente selezionate e preparate (tu, popolino, non devi pensare: ci sono qua io per pensare e per fare il tuo bene. Fidati!) evitando in modo tassativo comparazioni e confronti.

Un filtro attento che, a ben vedere riesce a creare situazioni di vero e proprio isolamento, tagliando letteralmente fuori dal mondo larghi strati della popolazione: proprio quella che, abbeverandosi a fonti non pure, non riesce a comparare, formandosi una propria, autonoma, opinione. Certo, occorre fare sapienti, piccole, concessioni con diritti civili per distrarre la massa, per quindi sottrargli dei diritti economici: che sono poi quelli che consentono la sussistenza quotidiana della gente [qualcosa del genere era già contenuto in un report di JPM del 2014].           

Elementi… Il caos serpeggia sempre più, e sembra voler imprimere direzioni e velocità impensabili, con chiavi di lettura estremamente complesse e apparentemente disaggregate.

In Giappone il Primo Ministro Shinzo Abe – liberal-democratico, persona politicamente seria e preparata – è stato ucciso ieri a colpi di pistola da un attentatore, (le modalità mi hanno fatto venire in mente l’uccisione di Yitzhak Rabin nel 1995).

In Inghilterra, BoJo – al secolo Boris Johnson – si è dimesso dal partito ed è in fase di allontanamento dall’incarico di Primo Ministro (non appena sarà stato identificato un ‘degno’ successore, forse a Ottobre/Novermbre).

In Francia, Macron ha serie difficoltà a gestire una nuova squadra di governo, alla luce dei risultati scaturiti dalle elezioni amministrative.

Negli Stati Uniti d’America, Biden punta tutto – certezze e incertezze – sulle elezioni di midterm.

Negli USA, l’inflazione ha galoppato furiosa nel breve volgere di poco più di un anno. 

In Europa, l’inflazione ufficiale è prossima alle due cifre, analogamente ai peggiori dati affrontati dai paesi membri da molti anni a questa parte.

Putin – che, per i suoi avversari, era prossimo alla morte, tanto fisica che politica, e che avrebbe portato la Russia alla sua fine come super-potenza, stremata militarmente, immiserita economicamente e finanziariamente, sfiancata da sanzioni di tutti i tipi, in ginocchio sul piano internazionale, abbandonata da suoi partner politici e finanziari – sta invece segnando tutta una serie di punti importanti a suo favore.

Certo, la mossa di Svezia e Finlandia – mai minacciate, ma che si sono ‘sentite minacciate’, che hanno dato un brutto calcio alla loro politica di neutralità, peraltro facendo delle impensabili concessioni alla Turchia, e che probabilmente si troveranno irte di postazioni missilistiche (difensive…)  sul loro territorio, e fors’anche con molte testate nucleari (sempre difensive…), non è semplice da comprendere fino in fondo.

Ma sembra che le conseguenze dello strano balletto che avviene in Europa, anche ispirato da Washington, abbiano maturato frutti impensabili: innanzitutto la frenesia di molti stati nell’accaparrarsi fonti energetiche, un vero e proprio svolazzare di qua e di là sovente con risultati contraddittori.

In secondo luogo Russia e Cina, con la collaborazione dei paesi BRICS (quanto dileggiati nel passato…!), hanno dato forma e sostanza a un colpo magistrale: un’architettura finanziaria che produrrà una realtà fieramente contrapposta al dollaro americano, non più leader incontrastato negli scambi e nei regolamenti internazionali.

I BRICS ora annoverano Argentina, Iran, Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica, con un potenziale di 3,4 miliardi di consumatori, pari al 43% degli abitanti del nostro pianeta. Otto volte di più che non la debole Unione Europea. E ciò nonostante che UE e USA continuino a sostenere come la Russia sia stata isolata.

Un mondo in radicale trasformazione, quindi, un mondo che penso punirà a chi troppo pretende senza averne grande merito, non tenendo conto proprio di quanto il mondo sia cambiato.

Elementi… Rispondendo alla necessità di accelerare cambiamento e riposizionamento, Cina, Russia e India stanno operando per ‘saltare’ l’attraversamento del Canale di Suez, dando vita a una tratta ferroviaria di oltre 7,4 mila km che garantirà un trasporto merci in metà tempo che non per via mare. Ossia: Suez deve dire addio a una buona fetta della propria ricchezza.

Elementi… Il referente governativo agli Esteri ammonisce che con una crisi di governo, l'Italia "perderebbe i fondi del PNRR, per il quale dobbiamo spendere soldi entro un certo tempo per avere altri fondi…(.)…Non riusciremmo neanche a fare la legge di bilancio, cioè non potremmo affrontare i problemi di famiglie e imprese. Occorre dimostrare di saper governare, non si può scappare dalle responsabilità".

Siamo quindi sempre allo stesso punto, potrebbe dire un bambino che non conosce le cose della politica; tutti incapaci, tranne uno: l’uno di turno, ovviamente. Ma allora, a cosa serve un parlamento? A cosa serve che i Cittadini eleggano dei propri rappresentanti, se questi vengono poi trattati da ‘incapaci’, da semplice e persino banali ‘comparse’, da pittoresca ‘cornice’ ?

Sembrerebbe così, anche perché se c’è chi sostiene che ‘o si fa come dico io o me ne vado’, c’è anche chi possa sostenere tali pretese.

Elementi… Notizia di ieri: l’Euro si confronta duramente con un super-dollaro. LEuro ai minimi dagli ultimi 20 anni, lo yen da 24 anni. Il dollaro, martedì, è salito dell'1,26% contro l'euro che fissa a 1,0294 mandando la valuta comune ai minimi da Dicembre 2002, quindi degli ultimi 20 anni. Come pure si rinforza ulteriormente dello 0,34% sullo yen che fissa a 136,16, con la divisa asiatica al punto più basso da 24 anni. E, per la prima volta dall'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio scorso, il biglietto verde corre contro il rublo del 13% a 60,5, pur ancora in perdita del 18,8% su base annua nei confronti della valuta russa. Motivo per cui è lecito sottolineare che l’Euro – quella gioiosa macchina da guerra che, guidata da mani poco capaci (ovvero favorevoli a pochi…), stronca inesorabilmente economie, Cittadini, finanza e risparmi – lentamente ma inesorabilmente, negli anni si è deprezzato proprio nei confronti del dollaro USA.

Elementi… Nonostante migliaia di testimonianze seriamente scientifiche, sostenute da prove ormai schiaccianti e incontrovertibile documentazione probatoria – si continua a sostenere la necessità/obbligo di sottoporsi a trattamenti chimico-farmaceutici che corrono con il nome di ‘vaccini’, di ‘richiami’, di ‘booster’ conditi da minacce, possibili restrizioni delle libertà e imposizioni varie a tutti ben note ma che, di mese in mese, suscitano valutazioni sempre più critiche.

All’orizzonte, giochetti di parole utili a (continuare a) fregare i Cittadini: forse distanziamento sociale a 1,5/2 mt (per favorire la captazione digitale dei dati); non più 4,5,6 dosi o ‘richiami’ ma – con linguaggio da marketing televisivo, ricordate la tanto attesa, imperdibile, ‘prima puntata della nuova serie’? –‘prima dose del nuovo liquido, aggiornato’; niente più Green Pass, ma un caramelloso ‘portfolio digitale personale’, con gli stessi contenuti, anzi maggiori e più stringenti, adottando i quali non saremo più Cittadini nel pieno del godimento dei nostri (residui) diritti ma sudditi supini dipendenti da algoritmi di controllo (già: ma ‘chi’controllerà? E chi controllerà il controllore?).

Si continua tanto a sbandierare l’amore sperticato per i soggetti ‘più fragili’– ma chi sono? Anziani, malati, bambini, adolescenti? – da proteggere. Come? Inoculando loro altra roba! Ma se gli stessi specialisti italiani stanno dicendo chiarissimamente che, al di à dello scarso pericolo intrinseco di questo intensificarsi estivo (una volta, i virus con il caldo ‘morivano’, si attenuavano moltissimo ‘spegnendosi’), i deceduti sono per oltre il 90% vaccinati e quasi tutti con altre importanti patologie in corso (Crisanti, Direttore di microbiologia e virologia dell’università di Padova, ospite di ‘In onda’, su La 7: «Nel 98% dei casi muoiono i vaccinati fragili, non i no vax»).          Elementi… Oltre ciò sembra ormai acclarato (scientificamente, non certo ‘per sentito dire’) che queste improvvise varianti (adesso ce n’è una in arrivo dall’India, e pare che sia molto ‘veloce’: la iscriveranno alle olimpiadi?) scaturiscano proprio dai soggetti che hanno subito la somministrazione del ‘liquido magico’. 

Evidenze… Ma chi sono in realtà questi ‘soggetti fragili’ di cui si fa citazione con solennità? I ‘fragili’ sono ormai coloro che sono ‘immunodepressi’ (ricordate le dichiarazioni preoccupatissime di Montagnier,  Tarro e decine di altri ricercatori e scienziati ‘liberi’ da rapporti… imbarazzanti?): ovverosia, che hanno un sistema immunitario ormai compromesso da un ‘qualcosa’ che è stato immesso nel loro corpo. Un sistema immunitario che subisce danni da fattori che ne ‘guastino’ o alterino i meccanismi di difesa e risposta, significa che è un sistema che ha perso funzioni e reazioni all’attacco di tumori, affezioni batteriche, attacchi virali e quant’altro possa minacciare l’essere umano nella sua meravigliosa armonia. E questi ‘immunodepressi’, ossia quanti una volta ricevuto il ‘magico liquido’ si indeboliscono rapidamente sotto il profilo immunitario e quindi della loro risposta agli attacchi che da sempre il corpo umano subisce da malattie e morbi vari, non solo ‘sprizzano’ elementi di c.d. ‘contagio’ (una spirale senza fine, se si continuasse allo stesso modo?), ma diventano ‘vulnerabili’ essi stessi, producendosi danni al loro fisico come pure ricadute severe in quelle patologie dalle quali magari tempo prima hanno trovato sollievo o guarigione, ma che sono state incentrate proprio su terapie immunostimolanti, per favorire la migliore risposta possibile al male.

Elementi… Il Prof. Zichichi, il Prof. Rubbia e moltissimi altri scienziati – italiani e non – in tutto il mondo, e per ultima la NASA pochi giorni fa, affermano con certezza che il surriscaldamento globale del clima (ma anche della superficie terrestre) è dovuto solo per un 5% a causa dell’intervento umano, mentre per il 95% è dovuto per cause del tutto naturali (ossia: attribuibili al solo corso della Natura), ma soprattutto per causa dell’irradiazione solare. Quindi, tutto il resto che viene narrato e sostenuto, sono chiacchiere: peraltro molto dispendiose, strumentali al parossismo, verosimilmente parte di un progetto/programma teso a imprimere svolte autoritarie (dovete fare così…) mascherate da green e da ecologia, favorendo alcuni tipi di aziende e sfavorendone altre. Che quasi sicuramente non avranno alternative, salvo il potersi riconvertire: ma sarà dura.

Elementi… Al momento, chi sta segnando punti dopo punti e molti vantaggi, è la Turchia. I ‘demeriti’ altrui fanno lievitare meriti altrimenti opinabili. Ora è nuovamente in Libia che si giocano molte carte per il futuro di Popoli ed Economie.                                                                                               

A presto incontrarci, per altre… Evidenze, per altri… Elementi. Ricordando che “LA STAMPA LIBERA PUO’ ESSERE BUONA O CATTIVA, MA SENZA LIBERTÀ NON POTRÀ ESSERE CHE CATTIVA”(A. Camus).                 

Cordialmente,

 

Giuseppe Bellantonio

per Betapress.it

 

 

 

 

 

 

 

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L'Europa nella tempesta perfetta

 

di Jean-Dominique Giuliani  e  Pascale Joannin

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

 

L'Unione europea continua ad affrontare crisi e sorprese strategiche, ognuna più grande e più violenta.

La guerra russa in Ucraina è l'ultima in ordine di tempo. Non ci sono più crisi, c'è solo l'accelerazione di eventi imprevisti e di profondi cambiamenti. Dopo i subprimes, le finanze greche, i profughi siriani, la pandemia di Covid, ecco lo spettro della guerra che ritorna nel continente.

Tutte queste sfide minano la maggior parte delle politiche comunitarie, pur confermando l'importanza della costruzione europea.

Nelle crisi l'Unione europea ha fatto più progressi in pochi mesi che in trent'anni.

Ma paga in contanti per i suoi ritardi e le sue esitazioni.

Deve rivedere molte delle sue politiche e proiettarsi risolutamente in un mondo globale, nuovo e più brutale.

 

L'UNIONE EUROPEA HA GIÀ FATTO MOLTI PROGRESSI

Nella crisi sanitaria, sebbene il primo movimento di Stati sia stato nazionale – chiusura delle frontiere, competizione per gli strumenti antivirus – esso ha subito ceduto il passo a una reazione comune che si è manifestata nell'acquisizione e distribuzione dei vaccini, di cui l'Unione europea è divenuta rapidamente il principale produttore e il principale donatore nel mondo. Gli Stati membri poveri si sono rivolti alla cooperazione europea. Ha funzionato.

Il piano di risanamento che è seguito ha abbattuto una serie di tabù prima insormontabili. NextGenerationEU, finanziata per metà da prestiti congiunti, ha aperto la strada a sovvenzioni dirette degli Stati più colpiti dalla pandemia. Una cosa mai vista prima. Ha dato espressione concreta a una solidarietà europea che pensavamo stesse regredendo in tutti i campi.

Infine, la guerra russa in Ucraina è stata l'occasione per una reazione rapida e massiccia con l'adozione di severe sanzioni contro alcuni attori russi, a volte a scapito degli interessi economici immediati.

L'Unione europea si è dimostrata molto più reattiva di quanto non fosse stata finora. Di fronte all'emergenza si è espresso con forza il “riflesso europeo”, che non era sceso in campo per fronteggiare l'ondata migratoria del 2015. Le istituzioni comuni hanno compreso che il fattore tempo è una condizione per dimostrare la loro efficacia. La rapida adozione di nuove regole, a vocazione internazionale, è stata una sorpresa. Prima consentendo il controllo degli investimenti esteri, poi accettando prestiti congiunti e un ruolo fondamentale della Commissione europea come acquirente prima di vaccini, poi di gas. Il Digital Market Act e i futuri testi che regoleranno le attività digitali nel territorio dei 27 hanno scandito l'ora delle normative europee applicabili a tutti gli attori del settore, qualunque sia la loro nazionalità. In termini di difesa e di diplomazia, gli europei hanno saputo adottare una "bussola strategica", il primo passo verso una vera strategia globale. L'accelerazione – purtroppo ancora troppo lenta – della presa in considerazione, a livello europeo, del necessario riarmo dell'Europa è il più recente degli sviluppi verso una maggiore reattività ed efficacia della cooperazione e delle istituzioni europee.

A questo proposito, potremmo anche rilevare positivamente una svolta nell'azione congiunta degli europei, "ringiovanita" dal suo piano di ripresa, ma anche verso nuovi ambiti di competenza finora sopiti o inesplorati, ad esempio, il sostegno a tecnologie di rottura, la politica spaziale, il calcolo quantistico o la produzione di componenti elettronici (Chip Act).

Alcuni potrebbero considerare questi cambiamenti insufficienti, ma nessuno può contestare che si tratti di grandi rotture con le precedenti pratiche dell'Unione europea e con le sue regole, molte delle quali sono state sospese. Si noteranno anche iniziative individuali o bilaterali di Stati che fanno chiaramente parte di un'analisi europea, come l' "Airbus delle batterie", il Cloud europeo o i piani "Idrogeno",  più o meno concertati, in cui il ruolo della coppia franco-tedesca a volte si rivela decisivo.

Resta il fatto che l'Unione europea sta pagando in contanti per i suoi ritardi, le sue esitazioni e le sue divisioni. Ciò è particolarmente evidente in materia di energia e di difesa.

I ripetuti rifiuti di tutti gli Stati membri di costruire una politica energetica comune hanno generato danni che stanno venendo alla luce. La dipendenza dai suoi fornitori, troppo a lungo considerata un vantaggio per la cooperazione e il progresso dello stato di diritto nell'est o nel sud, costituisce ormai un notevole ostacolo al suo margine di manovra diplomatico.

In termini di difesa, il fatto di considerare la progressiva costruzione di un'autonomia strategica, vale a dire la libertà d'azione, come un attacco alla NATO, ha rallentato la volontà di fermare il disarmo europeo e di costruire insieme un vero pilastro europeo dell'Alleanza. Gli europei si sono trovati al seguito dei loro alleati transatlantici, non disposti a farsi coinvolgere in Europa in un equilibrio di potere con la Russia, ossessionati come sono dalla loro rivalità con la Cina. La guerra in Ucraina ha visto gli Stati Uniti e il Regno Unito in prima linea nella risposta alla guerra di aggressione, sia nell'intelligence e nell'analisi, sia nel sostegno tangibile all'Ucraina sotto attacco.

Questa situazione, inoltre, dimostra a contrario la complementarietà tra la NATO e l'Unione Europea. Quest'ultima ha i mezzi finanziari per assistere l'Ucraina sotto attacco, mentre la prima è potente a livello militare. Le consegne di armi finanziate dall'Unione europea dimostrano sia i limiti della sua azione sia l'evoluzione delle sue regole. Senza precedenti, trasgrediscono le regole comuni affidandosi all'azione degli Stati membri. Uno,la Francia, che detiene la Presidenza semestrale del Consiglio, mantiene l'unico canale di comunicazione occidentale con il dittatore russo, gli altri, con la Polonia e i paesi dell'Europa centrale e orientale, assicurano che l'Unione europea non farà cadere nel vuoto l’appello di un vicino che chiede aiuto.

 

LA REVISIONE, LO SVILUPPO O L'AVVIO DI POLITICHE COMUNI EUROPEE SONO QUINDI UN'OPERA ESSENZIALE PER L'UNIONE NEL PROSSIMO FUTURO

Ovviamente, il Green Deal europeo non resisterebbe a una guerra prolungata, e nemmeno a un conflitto che coinvolgesse maggiormente gli Stati membri. Il rischio è significativo. In tali circostanze, che antepongono l'urgenza alle politiche a lungo termine, vi è motivo di temere deroghe “forzate” e ripetute a disposizioni già contestate da alcuni Stati membri. L'Unione Europea deve adattare le sue politiche prima di essere costretta a un'economia di guerra.

 La “tassonomia”, tanto cara ad alcuni commissari e al Parlamento europeo, ha voluto escludere il nucleare e alla fine ha accettato di inserire il gas nelle energie di “transizione”. Questo zoppo compromesso non avrebbe mai dovuto riguardare l'energia nucleare, che contribuisce all'indipendenza energetica dell'Europa, né dovrebbe includere il gas di cui tutti ora vogliono liberarsi o per il quale intendono urgentemente cambiare fornitore. Le industrie della difesa che sono anche nella lista nera dovrebbero essere espressamente escluse dagli stessi tentativi.

In agricoltura, il destino dei pesticidi, senza uno studio di impatto, rischia di portare a una riduzione della produzione di cereali e ad un aumento della carenza e del prezzo dei generi alimentari di base in un momento in cui Russia e Ucraina, i due principali fornitori dei paesi in via di sviluppo, stanno riducendo drasticamente le loro esportazioni. L'Unione Europea ha una scelta: o perseguire la sua politica sviluppata sotto la pressione eccessiva delle lobby delle ONG militanti e contribuire a carestie e rivoluzioni, in particolare sulle sponde meridionali del Mare Mediterraneo, oppure, come hanno già fatto i ministri dell'agricoltura, riportare in coltura alcune aree, aumentare con urgenza la produzione di prodotti essenziali per evitare le conseguenze sociali e politiche di queste carenze. Rafforzerebbe così il suo ruolo geopolitico con gli Stati bisognosi.

Va da sé che un'effettiva solidarietà europea tra i suoi membri deve tenere conto anche della dimensione energetica. Gli Stati dipendenti devono poter fare affidamento sui loro partner per mettere in comune parte delle loro forniture o per beneficiare di un potere di contrattazione collettiva con nuovi fornitori. Sarà forse questa l'occasione per gettare le basi per una politica comune più realistica in questo settore chiave della sovranità europea?

Lo stesso vale per la difesa. Attualmente, l'Unione europea finanzia la distribuzione di armi all'Ucraina, cosa che questa non è in grado di fare internamente. Accelerare e rafforzare il finanziamento di industrie della difesa in Europa è una priorità richiesta sia dall'obiettivo dell'autonomia strategica sia dalle autorità della NATO. La politica delle sanzioni comuni ha impressionato per la sua portata. Tuttavia non può bastare né ora né in futuro. Dopo la bussola strategica adottata in primavera, il passo successivo è un vasto piano di finanziamento degli investimenti nel settore della difesa. Sarebbe meglio se esso fosse coordinato, gli annunci della Cancelleria tedesca in materia sembrano molto isolati.

 

LA GERMANIA SARÀ AL CENTRO DEI FUTURI PROBLEMI EUROPEI

Non avendo autonomia di difesa, non disponendo di una forza armata efficace, avendo fatto scelte energetiche unilaterali con poca solidarietà con i suoi partner, dipendendo dalle forniture russe, soffrendo per la chiusura dei mercati cinesi che potrebbe derivare dalla pandemia e dalle priorità politiche del partito comunista cinese, e dovendo gestire la riconversione del suo importante settore automobilistico, l'economia tedesca deve affrontare sfide formidabili.

Si evolverà verso un'integrazione europea rafforzata, come afferma, o continuerà con le sue politiche nazionali che non mancheranno di avere un impatto negativo sui suoi partner facendo loro sopportare alcuni dei suoi errori passati? Le risposte sono molto importanti per questo paese e per l'intera Unione europea.

La risposta migliore sarebbe perseguire con determinazione il completamento del mercato interno, dell'Unione bancaria e dell'Unione dei mercati di capitali. La Germania, come l'intera Unione, può trovare in questi progetti una soluzione parziale alle emergenze attuali e soluzioni durature a un'economia strutturalmente dipendente da paesi terzi.

Le soluzioni sono europee. I riflessi dei governi e dei cittadini stanno diventando sempre più europei. Gli Stati membri potrebbero trarne forza per nuove iniziative, che permettano  di cancellare le esitazioni, le lentezze, anche gli errori del passato, per volgersi risolutamente verso il futuro.

La “tempesta perfetta”, cioè violenta, quella che attraversa l'Unione europea è un'opportunità di revisione di alcune certezze, per adeguare le proprie politiche e conquistare un po' di più, attraverso l'efficienza e la reattività, il cuore dei cittadini europei.

 

Questo Rapporto Schuman sullo stato dell'Unione è stato ampiamente nutrito da contributi scritti prima dello scoppio della guerra russa in Ucraina. Ma rimane di grande attualità per le questioni a lungo termine che analizza e le proposte che contiene.

 

FONDAZIONE ROBERT SCHUMAN / QUESTION D’EUROPE N°634 / 30 MAGGIO 2022

JEAN-DOMINIQUE GIULIANI Presidente della Fondazione Robert Schuman

PASCALE JOANNIN Direttrice generale della Fondazione Robert Schuman

 

 

 

In piazza, insieme, perché nessuno sia più solo: martedì 5 luglio alle ore 19.00 davanti alla Stazione Centrale di Milano manifesteremo a sostegno del procuratore Nicola Gratteri e di tutti i cittadini che rischiano la vita contro le mafie.

A inizio maggio è stato scoperto il progetto di un attentato nei confronti del Procuratore della DDA di Catanzaro. Una nuova minaccia alla vita del magistrato impegnato in prima linea contro la ‘ndrangheta.

Trent’anni dopo le stragi di Palermo, è necessario ribadire che la lotta alle mafie ci riguarda tutti e che chi combatte la criminalità organizzata non è da solo: non vogliamo altri martiri da commemorare il giorno dopo ma scendere in campo prima, per impedire l’irreparabile.

Vogliamo sostenere Gratteri, i magistrati e le forze dell’ordine che svolgendo il proprio lavoro ci difendono dalla violenza mafiosa. Vogliamo sostenere la democrazia, messa a rischio dalle azioni criminose delle mafie. Vogliamo mettere sotto i riflettori dell’opinione pubblica il grave e pericoloso processo di infiltrazione della ‘ndrangheta in atto in tutta Italia.

Il flashmob del 23 maggio scorso in piazza S. Apostoli a Roma è stato il primo passo: sono sempre di più le associazioni e i cittadini che stanno facendo rete per ritrovarsi il 5 luglio a Milano.

In piazza Duca d’Aosta martedì 5 si alterneranno interventi e testimonianze di personalità del mondo della cooperazione, del sindacato, dell’economia, della filantropia, del volontariato, del giornalismo e dello spettacolo. Intanto, anche sui social è partita la mobilitazione: hanno aderito con videomessaggi di supporto alla manifestazione Pif, Marco Paolini, Albano, Michele Placido, Luca Zingaretti, Giovanni Minoli, Maurizio De Giovanni, Angela Iantosca, Padre Maurizio Patriciello, Antonio Stornaiolo, Rita Pelusio, Gianluigi Nuzzi.

I loro videomessaggi sono condivisibili dai social degli enti promotori e sul sito ufficiale maipiustragi.it

Elenco adesioni al 29 giugno 2022: ACLI - ActionAid - Comitato Addiopizzo - Addiopizzo Travel - Agapanto APS Roma - AgesciAITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile) - Altromercato - APS Parità per le Diversità - Arci Servizio Civile Calabria – Associazione Amici Della Casa Della Carità - Associazione Andiamo Avanti - ANPI - Assifero – Auser Regionale Lombardia – Auser Milano - Avvocati senza Frontiere - Azione Cattolica - CCO – Crisi Come Opportunità - Caritas Italiana - Caritas Ambrosiana – Caritas Emilia Romagna – Caritas Lombardia – Casa Internazionale delle Donne - Centro per l'Autonomia Cooperativa Sociale - Centro Studi Rossanese "Vittorio Bachelet"- CGIL Calabria – CGIL Lombardia - Chico Mendes Altromercato cooperativa sociale - CIES-Onlus - CISL Calabria - CISL Lombardia - CNCA Lombardia - CNCA Nazionale - Collectif Avanti - Comunità Competente Calabria - Comunità Progetto Sud - Confcooperative Federsolidarietà - Confcooperative Reggio Emilia - Comitato don Peppe Diana – Consorzio Sir - Consorzio Cooperativo Nausicaa - Consulta Nazionale Antiusura Giovanni Paolo II – Centro Sportivo Italiano Milano - SV.net - E.V.A. Cooperativa Sociale - FICT (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche) – FOCSIV - Fondazione Finanza Etica- Fondazione Con Il Sud - Fondazione Corte delle madri - Fondazione San Bernardino - Forum del Terzo Settore nazionale - Forum Terzo Settore Calabria – Forum Terzo Settore Città Di Milano - GOEL Gruppo Cooperativo - Human Foundation – Ideeinformazione – Il Mulino - Associazione Il Quinto Ampliamento - Italia che Cambia - JSN JESUIT SOCIAL NETWORK ITALIA Onlus - Cooperativa sociale "La Speranza" Cassina e S. Agata - Laboratorio Ricerche & Studi Vesuviano - Legambiente - Libera Milano Contro Le Mafie – Associazione culturale L'Orablù - Made in Carcere – M.A.S.C.I - Associazione Microfinanza e Sviluppo Onlus - Movimento Agende Rosse - Movimento M24A Equità Territoriale – Onlus Movimento per la Giustizia Robin Hood - Next Nuova Economia per Tutti - Nuova Cooperazione Organizzata NCO - Pastorale per i Problemi Sociali e il Lavoro Calabria - Associazione Peppino Impastato e Adriana Castelli - PLEF - Progetto Policoro Calabria – Rete Antimafie Martesana APS - Rete Recovery Sud -Cooperativa Sociale Ripari - RITMI - Rete Italiana di Microfinanza – Rock No War - Scuola di Formazione Antonino Caponnetto - Slow Food Italia - Sud 20/40 - Terra Dea di San Giorgio a Cremano - T-ERRE Turismo Responsabile - Associazione Un'altra storia Varese - Unicobas - Comitato #versoil23maggio - WikiMafia Libera Enciclopedia sulle mafie.