(ansa) - Roma, 23 nov - "Dagli archivi vaticani emerge moltissimo ma non quello che si cerca, la prova della complicità o la prova dell'assoluzione di pio XII ma emerge un materiale enorme sugli stati in guerra, sulla condizione degli ebrei, lettere drammatiche di persone che chiedono aiuto, descrizioni di situazioni terribili. E poi emerge il ruolo della santa sede, del papa, che sono una fragile navicella in un oceano europeo in tempesta".

 

Lo dice lo storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, intervistato dall'ansa in occasione dell'uscita del suo libro, "La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo, gli ebrei", presentato con Anna Foa, Donatella Di Cesare e il cardinale Josè Tolentino de Mendonca.

Il ruolo pur controverso nella storia di papa Pacelli, per Riccardi "si chiarisce perché si capisce che il papa aveva dei limiti nella sua azione e scelse un tipo preciso di azione che è quello di condannare non facendo i nomi ma condannando i princìpi, allo stesso tempo scelse di aiutare e sperava per una cosa che non avvenne, mediare per la pace". 

 

Su che cosa dica la vicenda della persecuzione ebraica … Riccardi osserva: "innanzitutto l'antisemitismo nella chiesa viveva un antigiudaismo che si trova ad esempio in alcuni funzionari vaticani, l'indifferenza in Italia, pensiamo anche a quello che ci dice Liliana Segre sull'indifferenza, ma la lezione della guerra è una lezione incredibile anche per la chiesa cioè la chiesa deve parlare di pace avendo i popoli contro, cioè avendo gli stessi cattolici tedeschi, francesi immersi in una prospettiva nazionale. Questo è il grande problema. Si può tracciare una linea tra Pio XII e Francesco? Io non lo so se si può tracciare, certo c'è una continuità nella santa sede del novecento, quella di considerare la guerra un orrore, una cosa che lascia l'umanità peggiore".

Ma secondo lei in Pio XII era più forte l'avversione al nazismo o al comunismo?

"L'opposizione al comunismo era forte ed era giustificata soprattutto dopo la distruzione delle chiese nell'Europa dell'est, ma l'avversione al nazismo non era da meno. Mi spiego meglio, lui sapeva che il nazismo poteva distruggere la chiesa cattolica e sperava di poter trattare con una parte del nazismo e questa è una ingenuità". (Ansa).

 

 

(ansa) New York, Sotheby’s metterà all'asta in gennaio con una stima tra tre e cinque milioni di dollari un ritratto da poco attribuito ad Agnolo Bronzino che, secondo lo storico dell'arte italiano Carlo Falciani, potrebbe essere l'autoritratto dello stesso artista da giovane.

Opere di Bronzino appaiono solo raramente sul mercato. Sotheby's ne ha venduta una (ritratto di giovane uomo con un libro) nel 2015 per oltre nove milioni di dollari. "È' una delle scoperte più eccitanti degli ultimi anni per questo artista, ed è notevole che un quadro di questa qualità, un vero capolavoro della ritrattistica del cinquecento, sia rimasto sconosciuto finora alla comunità degli studiosi", ha detto Falciani.

La tela sarà venduta per beneficenza: tutti i proventi andranno a una 'charity' che aiuta sopravvissuti all'Olocausto e a un'altra a sostegno dei non vedenti.

Il nuovo ritratto fu confiscato all'inizio della seconda guerra mondiale a Ilse Hesselberger, una ricca vedova di Monaco di Baviera, che nel 1938, mentre i nazisti acceleravano le persecuzioni degli ebrei tedeschi, andò con la figlia Trudy a Milano a trovare parenti. Trudy, come previsto, partì poi per l'America, mentre la madre, di religione protestante ma ebrea di origine, rientrò a Monaco.

Identificata come ebrea dalle nuove leggi razziali, fu presto privata delle sue proprietà e costretta a 'donare' oltre centomila marchi per la costruzione di una struttura che fu poi usata come centro di smistamento verso i campi di sterminio.

Pagando senza sapere la vera destinazione di quei fondi, Ilse sperava di comprare la libertà. Fu invece deportata anche lei nel novembre 1941 sul primo treno per il campo di Kaunas nella  Lituania occupata dove cinque giorni dopo finì nelle camere a gas.

Il ritratto ora attribuito a Bronzino era stato nel frattempo acquisito dalla Cancelleria del Reich e destinato al 'Çhrermuseum', uno stravagante complesso che Hitler voleva costruire a Linz, in Austria, e che non fu mai realizzato.

Finita la guerra, le truppe americane trovarono il quadro, assieme ad altri capolavori, in una miniera di sale in Austria, da dove passò nelle mani del governo tedesco che solo di recente lo ha restituito agli eredi. (Ansa).

 

 

 

 

 

(Arc) cultura: Memoria, ghetti e campi sterminio guardando all'oggi. Apertura a Trieste della conferenza internazionale "La vita dietro alle barricate"

 

Trieste, 23 nov - "Perché dobbiamo scavare nel dolore? Perché ci serve la memoria per non dimenticare che cosa accadde nei ghetti e nei campi di sterminio della seconda guerra mondiale".

 

È la riflessione che l'assessore regionale alla cultura Tiziana Gibelli ha portato alla conferenza internazionale "La vita dietro alle barricate" apertasi oggi nella sede di Androna Campo Marzio dell'Ateneo triestino e promossa dal Festival viktor Ullmann e dal Dipartimento di Studi umanistici dell'Università in collaborazione con il Museo della Comunità Ebraica "Carlo e Vera Wagner".

 

Per tre giorni Trieste ospita studiosi di alto livello provenienti da tutto il mondo come Dieter Pohl dall'Università di Klagenfurt, Vincent Slatt dello United State Holocaust Memorial Museum di Washington, Anna Hajkova dell'Università di warwick (Regno Unito) e Stephen Naron dell'Università di Yale (USA).

L'obiettivo del convegno è quello di fare il punto della situazione sui più recenti dibattiti storiografici in merito agli holocaust studies, mettendo il focus sul respiro interdisciplinare che essi hanno assunto nell'ultimo decennio e di cui il convegno vuole farsi piattaforma per fornire uno spazio comune di dialogo tra le varie voci che animano questa discussione.

 

 

Riferendosi alla figura di Viktor Ullmann "è giusto conoscere e rendere omaggio a un grande musicista - ha aggiunto Gibelli – che nei tempi più bui della storia fece intravedere attraverso l'arte che valeva la pena resistere e continuare a difendere i valori della nostra libertà".

 

Due passaggi più personali da parte dell'assessore: in uno ha ricordato la vicinanza della propria famiglia alla Comunità Ebraica di Milano. "I miei genitori aiutarono carissimi amici Ebrei a fuggire dalla persecuzione per rifugiarsi in Argentina", ha confidato Gibelli, che ha voluto anche dedicare un cenno ad Arduino Agnelli, studioso e senatore della Repubblica cui è dedicata la sala dove si è aperto il Convegno internazionale. "È stata una figura importante del novecento per questa città. Agnelli credeva nella giustizia vera …".

 

 

 

 

(Ansa) - Roma, 21 nov. 2022 -  "I Giudei eliminati dal Circolo della Stampa": è il titolo di una nota di poche righe apparsa il 18 novembre 1938 sul "Popolo di Trieste", seguita dal plauso delle camicie nere della redazione: "Era logico che i Giudei non dovessero più far parte di quella che noi consideriamo la nostra casa, la nostra famiglia. Il giornalismo fascista è un posto avanzato della rivoluzione, che deve essere presidiato da uomini puri di sangue e di cuore, da militi fedeli interamente votati alla causa".

A Trieste, come nel resto d’Italia, la scure delle leggi razziali che, a partire dal settembre del 1938, si abbatte sul mondo della scuola, dell'economia, della cultura e delle professioni dando il via alla persecuzione, cancella la presenza dei giornalisti professionisti e dei pubblicisti ebrei dalle testate cittadine.

Il film documentario "Ultime notizie. Diritto di cronaca, giornalisti e leggi razziali a Trieste" di Sabrina Benussi, al quale ha collaborato il Museo della Comunità Ebraica di Trieste "Carlo e Vera Wagner" - in onda martedì 22 novembre alle 22.10 su Rai Storia - racconta questa storia attingendo ad archivi istituzionali e privati e indagando l'impatto che produsse sulle memorie individuali. Un'operazione favorita dallo stesso sindacato dei giornalisti che si occupa di compilare le liste di proscrizione. Lo stesso proprietario del "piccolo", Teodoro Mayer, che pure era stato senatore del regno vicino al regime, sarà costretto a cedere il quotidiano.

Sergio Della Pergola, figlio del giornalista sportivo espulso Massimo Della Pergola, racconta le vicende della sua famiglia in fuga e di come il padre, profugo in Svizzera, inventò il progetto P ovvero il futuro totocalcio. La giornalista Mariella Grande ripercorre le vicissitudini di Ida Finzi, alias Haydée, giornalista e scrittrice costretta, ormai anziana, a nascondersi in un ospizio a Portogruaro e morta in solitudine. Al documentario partecipano il professor Marcello Flores, il conduttore radiofonico e giornalista Massimo Cirri e il giornalista Pierluigi Sabatti, che raccontano l’Italia e in particolare la Trieste dell'epoca e descrivono il clima sia politico che culturale che si respirava. Il film doc è stato promosso dall’Ordine dei Giornalisti e dall'Assostampa del Friuli Venezia Giulia, unitamente al Circolo della Stampa di Trieste, con la collaborazione del Museo della Comunità Ebraica di Trieste "Carlo e Vera Wagner".

Roma, 23 nov. (Adnkronos) - da sempre le persone comuni scrivono appelli, suppliche, petizioni alle autorità, cercando, nel rapporto diretto con i governanti, di ottenere favori o rivendicare quel che ritengono spettargli di diritto.

 

Da qualche decennio, la storiografia ha mostrato un crescente interesse per questo tipo di fonti, e ha utilizzato questi materiali come chiavi di lettura per studiare fenomeni o periodi storici.

A "passato e presente", in onda giovedì 24 novembre alle 13.15 su rai 3 e alle 20.30 su rai storia, Paolo Mieli e la professoressa Enrica Asquer analizzano in particolare tre momenti: un primo approfondimento riguarda le lettere che gli Ebrei italiani scrivono a Mussolini - oltre che alla direzione generale per la demografia e la razza - dopo la promulgazione delle leggi razziali del 1938 da parte del governo fascista. Chi scrive, quasi mai discute o contesta la nuova legislazione, ma chiede la deroga per la propria situazione, adducendo le più svariate motivazioni.

Un secondo capitolo è dedicato alle lettere che molti ex partigiani, soprattutto comunisti - arrestati per atti di violenza compiuti nel contesto della guerra civile, prima e dopo la liberazione - scrivono a Palmiro Togliatti e ai dirigenti del partito comunista per rivendicare il loro comportamento di combattenti per la libertà.

E infine, le lettere che gli italiani scrivono, dopo il 1946, al Presidente della Repubblica, considerato un po’ come il padre di tutti gli italiani. Nelle loro lettere si legge l'evoluzione della società italiana, dalla miseria del periodo della ricostruzione al benessere degli anni del miracolo economico.

(Ar/adnkronos)

 

 

 

Stoccolma, 21 nov. 2022- (Pam/Adnkronos) - la psicologa e scrittrice svedese Hédi Fried, sopravvissuta all'Olocausto che ha passato l'ultima parte della sua vita in giro per le scuole a testimoniare e a rispondere alle domande dei ragazzi sulla shoah, da quelle più ovvie a quelle più difficili o sorprendenti, poi raccolte in un libro, è morta all'età di 98 anni. L'annuncio della scomparsa è stato dato dalla famiglia ai mass media svedesi.

Nata a Sighet, in Romania, il 15 giugno 1924 da genitori ebrei, all'età di 19 anni Fried fu deportata ad Auschwitz con la sua famiglia e successivamente nel lager di Bergen-Belsen. Lei e la sorellina Livi, furono gli unici sopravvissuti della sua famiglia e nel luglio 1945 arrivarono in Svezia su una nave della Croce Rossa.

A Stoccolma Hédi Fried formò una nuova famiglia e studiò all'università come psicologa, che poi divenne la sua professione. Dagli anni '90 ha iniziato a scrivere concentrandosi sulla divulgazione degli orrori dell'Olocausto e sulla sua esperienza nei campi di concentramento.

Autrice di sette libri, nel volume "C'erano anche SS gentili? E le altre domande che mi fanno sull'Olocausto" racconta la sua esperienza di sopravvissuta in giro per le scuole svedesi e all'estero. Nel volume risponde in maniera semplice e diretta a domande come: "Avevi sempre fame?", "Perché non vi siete ribellati?", "Sognavi, la notte?", "Che lingue si parlavano ad Auschwitz?", "Provi odio nei confronti dei tedeschi?", "Hai mai conosciuto uno dei tuoi aguzzini?", "Sei riuscita a perdonare?".

Il suo ultimo libro è "La storia di Brodi" (Einaudi ragazzi, 2022), con le illustrazioni di Stina Wirsén. È una commovente e intensa storia vera che riesce, nella sua semplicità, a raccontare l'orrore della Shoah ai giovani lettori. È la storia autobiografica di Hédi Fried e dell'amore che la legava al suo cane.