I rabbini italiani (e non solo) contro il Papa che parla di “genocidio”: «Israele aggredito visto come aggressore».
di Ester Palma, 20 novembre 2024 CORRIERE DELLA SERA
Il mondo ebraico compatto contro le dichiarazioni di Francesco. Anche l'Ari, l'Assemblea rabbinica italiana scende in campo per commentare in una nota le riflessioni del Pontefice contenute nel suo nuovo libro «La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore».
Nel volume, a cura di Hernaín Reyes Alcaide (Edizioni Piemme), il Papa dichiara: «A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s'inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali».
Parole che hanno sconcertato anche una parte del mondo cattolico.
«Le parole sono importanti e bisogna stare molto attenti a come usarle, soprattutto se si svolge un ruolo di guida religiosa», sottolineano i rabbini italiani - citati dal portale Moked/Pagine Ebraiche -, ricordando come gli ebrei, nel corso della loro storia, siano stati accusati «di varie cose tra cui il deicidio e l'omicidio rituale e trasformati in simbolo del male, in personaggi sanguinari», con conseguenze devastanti.
I rabbini aggiungono, riferendosi ai vari fronti di guerra aperti in Medio Oriente: «Tutti vorremmo che la guerra finisse al più presto, che finissero le ostilità, che non ci fosse più la possibilità di un nuovo massacro come quello del 7 ottobre, che finissero le morti degli innocenti e che venissero finalmente liberati gli ostaggi». In questo senso, «l'invocazione alla pace ci accomuna». Ma non basta: «Il modo peggiore di perseguire la pace è considerare le colpe in modo unilaterale e trasformare gli aggrediti in aggressori o addirittura in vendicatori sanguinari».
Anche il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni nell'intervista di oggi a Paolo Conti lo conferma: «Dal 7 ottobre in poi c'è stata una escalation: il riferimento al genocidio è un nuovo gradino, il più alto. Le critiche del Papa a Israele sono una questione molto complessa: di orientamento politico e di indirizzo morale: additare una intera collettività come responsabile di genocidio è molto rischioso. Il popolo ebraico, con la Shoah, è stata vittima di un vero genocidio. E la volontà genocidaria era di chi il 7 ottobre ha attaccato Israele».
E aggiunge: «Si può discutere se ci siano stati comportamenti scorretti o eccessi. C’è chi parla di crimini di guerra: ma la stessa guerra è un crimine, porta morte e distruzione. Però non si può criminalizzare solo una parte, un intero popolo impegnato a battersi perché orrori come il 7 ottobre non si ripetano, mentre l’Iran insiste col suo progetto di distruzione atomica totale di Israele. Propositi che vengono dati per scontati, considerati con leggerezza, persino giustificati, quindi meno gravi».
Anche Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma per 8 anni, fino al 2023, in un'intervista alla Stampa usa toni duri: «Le parole del Papa sono insidiose, perché legittimano una propaganda anti-israeliana basata su una campagna d'odio che ha effetti reali sull'aumento dell'antisemitismo». Il Papa conosce l'effetto delle sue parole, soprattutto se messe per iscritto. La diplomazia vaticana è famosa per la sua cautela, quindi siamo di fronte a una scelta meditata e a una strategia chiara. Mi chiedo come mai tanta debolezza verso i regimi autocratici come Russia, Cina e Iran e così tanta determinazione verso uno Stato più piccolo della Lombardia che è sotto costante attacco dei vicini. L'unico nell'area dove i cristiani hanno eguali diritti e dignità».
E parla di strumentalizzazioni: «Un certo mondo arabo ha subito usato le parole del Papa per fare campagna antisemita. Senza contare che il Pontefice è il punto di riferimento per milioni di persone e le sue parole permeano nel tessuto sociale e nei rapporti con gli altri capi di Stato, considerata la sua funzione».
Ma le critiche a Francesco non vengono solo dall'Italia.
Jonathan Megyeri, rabbino della Comunità ebraica unita di Ungheria, a Roma per un convegno sull'Olocausto e la diplomazia della Santa Sede in favore degli ebrei, commenta. «Se Israele avesse voluto commettere un genocidio avrebbe potuto bombardare Gaza dall'alto e senza alcuna vittima tra le fila del suo esercito e invece ha deciso di inviare delle truppe di terra, sapendo bene che ci sarebbero stati soldati uccisi. Israele sta sacrificando i suoi stessi soldati per proteggere i civili dai nemici, lo scopo è proprio quello di eradicare il terrorismo». E aggiunge: «Dobbiamo fare molta attenzione con ogni accusa, so che il Papa non sta accusando Israele di commettere un genocidio, Israele sarà aperta a qualunque investigazione, ma ora sta combattendo per la sua esistenza, da Gaza, dal Libano, dallo Yemen, dall'Iraq tanti movimenti jihadisti sono in azione. Io stesso stasera rientro a Gerusalemme e dovrò rinchiudermi in un rifugio anti-missili».