A GERUSALEMME È NATA UNA BAMBINA…

di Giuseppe Kalowski, Roma, 21 novembre 2024

 

Durante la festività di Sukkot trascorsa da poco, sono stato invitato da mio nipote David e da Tami nella splendida casa dei genitori di Tami a Bayit VeGan (Casa e Giardino) a Gerusalemme, per festeggiare la nascita del loro terzo figlio, una splendida bimba di nome Esther.

Bayit VeGan è un elegante quartiere religioso a Gerusalemme, situato accanto al Monte Herzl. Il quartiere domina la città dall'alto offrendo un panorama unico.

David e Tami sono una coppia di ebrei religiosi Haredim italiani che si sono trasferiti e sposati in Israele. Si sono integrati rapidamente nella nuova realtà israeliana e conducono una vita felice con due bambini maschi e la terza, femmina, appena arrivata.

La loro Aliyah (Ascesa in Israele) ha prodotto un "effetto volano" sui genitori di Tami, hanno rotto gli indugi e si sono trasferiti anche loro in Israele.

Tra i tanti ospiti presenti al festeggiamento, un Rabbino ci ha spiegato l'importanza di avere figli in un momento così drammatico per Israele ; la sua lezione ha suscitato in me una serie di riflessioni.

Concepire e festeggiare la nascita di un figlio in tempo di guerra, in un conflitto che il mondo stenta a comprendere, strumentalmente, rappresenta un’immagine di speranza.

Nascere a Gerusalemme ha un significato spirituale significativo: la continuità, la speranza di tempi migliori.

Nascere durante la guerra diventa un simbolo, un inno alla pace, una volontà di resistere.

La bambina di David e Tami rappresenta per tutti noi la vita che continua anche nel buio più profondo del conflitto.

L'apparente fragilità di una bambina appena nata rappresenta la vita contro la morte e ci ricorda che la vita continua anche nei momenti più bui.

Sì. Tempi sempre più bui per noi ebrei: sono quelli che quotidianamente dobbiamo affrontare e fronteggiare in Europa e non solo.

È ormai opinione comune, anche del Papa purtroppo, che a Gaza si stia compiendo un genocidio nei confronti del popolo palestinese per opera dell'esercito israeliano e che in Libano stia accadendo qualcosa di simile nei confronti della popolazione locale.

Per troppe persone il 7 ottobre 2023 è passato nel dimenticatoio o, peggio, è considerato il momento più alto della resistenza palestinese contro l'usurpatore sionista.

Ormai sembra di essere arrivati a un punto di svolta, forse di non ritorno, se in paesi come la Francia moltissimi ebrei scappano per trasferirsi in Israele nonostante il martellamento di razzi che lo stato ebraico subisce quotidianamente dagli Hezbollah dal Libano, dall’Irak, dallo Yemen e dalla Siria.

Paradossalmente noi ebrei abbiamo la netta sensazione di sentirci molto più al sicuro in Israele perché lì il nemico è delineato, configurato.

Il mondo occidentale, o almeno una parte considerevole, ha fatto solo finta di averci difeso per alcuni decenni. Non riusciamo più a identificare in modo chiaro e intellegibile chi sta ancora dalla nostra parte e chi invece ci ha abbandonato.

L’antisemitismo di stampo musulmano all'interno delle nazioni europee si è mescolato con quello moderno europeo, rendendo il fenomeno subdolo, infido e penetrante nella società.

Uno degli ultimi episodi più odiosi è accaduto ad Amsterdam pochi giorni fa in occasione della partita di calcio Ayax  Maccabi TA: una vera e propria caccia all'ebreo premeditata si è svolta nel centro della città olandese da parte di centinaia di cittadini olandesi musulmani e non,  che non ha causato morti solo per puro miracolo.

Anche in questo caso c'è chi ha tentato di addossare la colpa ai tifosi israeliani che prima della partita avevano cantato cori contro la Palestina e tirato giù una bandiera palestinese da una finestra di un condominio.

Per molti si è trattato di una legittima difesa da parte dei cittadini musulmani contro la provocazione sionista: ormai siamo al delirio e all’aberrazione molto simile all’ideologia nazista.

L'ultimo episodio, passato in sordina, è stato l'irresponsabile tentativo di Joseph Borrell, responsabile uscente della politica estera dell’Unione Europea, di fare votare una mozione in cui i paesi europei si sarebbero dovuti impegnare a congelare le relazioni con Israele fino alla cessazione delle ostilità, per le presunte violazioni dei diritti umani da parte dello stato ebraico... E gli ostaggi ancora in cattività a Gaza?? Neanche una sillaba!

Purtroppo non è la prima volta che Borrell assume palesemente iniziative contro Israele ma stavolta è andato oltre il comune senso del pudore.

Fortunatamente questa proposta non è stata presa neanche in considerazione da parte della maggioranza degli Stati membri dell’Unione Europea, Italia compresa.

E oggi arriva l'incredibile notizia dell'ennesima infamia nei confronti di Israele e di tutti gli ebrei, anche per chi non condivide la politica di Netanyahu : la Corte Penale Internazionale dell' Aia ha emesso un mandato di arresto per Bibi Netanyahu e Gallant. In sostanza la Corte ha accettato la richiesta del giudice Karim Kahn, attualmente indagato per abusi sessuali.

Questo è il livello al quale siamo ormai ridotti.

Ma l'ingiustizia che si è compiuta avrà l'effetto di compattare ancora di più la società israeliana.

La mia convinzione è che il popolo ebraico nella Diaspora abbia concluso il proprio ciclo in Europa : adesso più che mai ha bisogno dello Stato d'Israele e, viceversa, Israele ha bisogno che gli ebrei si convincano   a costruirsi una nuova vita nella Terra Promessa, senza indugi.

È una questione di sopravvivenza.

AM ISRAEL HAI