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lcuni libri che oggi riteniamo classici della letteratura italiana e mondiale, a loro tempo, erano stati rifiutati dagli editori a cui erano stati sottoposti i manoscritti.
Certo, non tutti gli editori possono essere lungimiranti allo stesso modo.
Famosa, in questo senso, è la risposta che Peter J. Bentley della casa editrice Bentley & Son diede a Herman Melville quando propose il suo Moby Dick:
"Per sapere: deve proprio essere una balena? [...] Noi suggeriremmo un antagonista dall’immagine più popolare tra i giovani lettori. Per esempio, il capitano non potrebbe essere in lotta con la propria depravazione verso giovani e, potenzialmente voluttuose, signorine?".
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a non si tratta solo di questo: per un editore rifiutare un libro non significa per forza non reputare valido il testo che ha tra le mani.
A volte, per esempio, le circostanze storiche e la censura possono imporre determinati rifiuti, mentre altre volte il no è dovuto al semplice fatto che non tutti i libri sono adatti a tutte le case editrici (o a tutte le collane).
Altre volte ancora, la colpa può essere del tempismo: una casa editrice potrebbe bocciare un volume anche semplicemente perché la sua pubblicazione si sovrapporrebbe a qualcosa di troppo simile già in programma nello stesso periodo.
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cco alcuni tra i più celebri rifiuti editoriali della storia.
Dalla parte di Swann, Marcel Proust
Il primo volume di Alla ricerca del tempo perduto fu pubblicato in pochissime copie e le spese per la stampa furono sostenute da Proust in persona. Il dattiloscritto era stato sottoposto a due editori, Fasquelle e NRF (fondata da Gaston Gallimard e André Gide, cui Proust non sta particolarmente simpatico: lo ritiene dilettante e snob): entrambe lo rifiutarono, con il sospetto da parte dell’autore che il plico non fosse nemmeno stato aperto.
Il rifiuto non sarà l’ultimo: anche Humblot, direttore della casa editrice Ollendorff, bocciò seccamente il romanzo, non riuscendo a capacitarsi di come:
“un tizio possa impiegare ben 30 pagine per descrivere come si giri e rigiri nel letto”.
Quando Proust pubblicherà a sue spese il romanzo (questa volta, con certezza, senza che l’editore nemmeno lo aprisse), Gide si rese conto dell’errore e implorò Proust di pubblicare con Gallimard i successivi volumi dell’opera.
Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Non tutti sanno che Il Gattopardo è stato rifiutato non una, ma ben due volte.
Serve inquadrare il rifiuto nel contesto storico e editoriale di riferimento: in pieno
boom economico, Giuseppe Tomasi di Lampedusa è un principe siciliano, coltissimo, solitario e totalmente estraneo al panorama editoriale e intellettuale.
Il suo romanzo viene proposto prima a Mondadori e poi a Einaudi: in Mondadori viene rifiutato dai dirigenti editoriali (più che da Vittorini); in Einaudi a bocciarlo è Vittorini stesso, direttore della collana dei Gettoni. Sia chiaro, per Vittorini il giudizio sul romanzo non è un giudizio positivo (considera Il Gattopardo un’opera prolissa, squilibrata e prenovecentesca), ma il suo rifiuto non è dovuto a queste caratteristiche: il libro non ha niente a che fare con quella che è l’impostazione della collana per cui è stato proposto, che ha un impianto ben più sperimentale.
Gente di Dublino, James Joyce
Quando Joyce presentò la sua raccolta di racconti a svariati editori, il responso che ricevette fu unanime: serviva che l’autore apportasse alcuni ritocchi, per attenuare l’immagine complessiva di Dublino che emergeva dai testi, per eliminare un’offesa alla famiglia reale o riferimenti a luoghi e famiglie esistenti. L’eccesso di realismo e autenticità di personaggi umani e in fuga da una città paralizzante e squallida inquietava gli editori tanto che tra il 1905 e il 1914 James Joyce ricevette ben 18 rifiuti da 15 case editrici diverse.
Lolita, Nabokov
Un romanzo scabroso e scandaloso: l’unico modo per pubblicare Lolita, secondo gli editori, era quello di operare tagli e censure.
Nonostante alcuni rifiuti, il romanzo fu pubblicato nel 1955 a Parigi (in lingua inglese, da una casa editrice nota per la propria produzione erotica), ma fu presto messo al bando.
Pubblicato negli Stati Uniti a tre anni di distanza, Lolita vendette centomila copie in meno di un mese.
Fiesta, Hemingway
Prima di essere pubblicato a New York nel 1926 e a Londra l’anno successivo, nel 1925 Fiesta fu rifiutato da Moberley Luger della casa editrice Peacock & Peacock.
Secondo il giudizio di Luger, il libro era “noioso e offensivo al tempo stesso”.
Con la stessa schiettezza che riconosce nello stile dell’autore, la lettera di rifiuto continua:
"Lei sicuramente è un ‘vero uomo’, non è così? Non sarei sorpresa di scoprire che ha scritto tutta la storia chiuso dentro a un club, con il pennino in una mano e un bicchiere di brandy nell’altra".
Se questo è un uomo, Primo Levi
Altra storia piuttosto nota è quella del rifiuto di Se questo è un uomo di Primo Levi.
Nonostante il giudizio positivo di Natalia Ginzburg, nel 1947 il romanzo viene bocciato in casa Einaudi, in particolare per il parere avverso di Cesare Pavese.
A pubblicarlo sarà una piccola casa editrice torinese, la De Silva, che lo stamperà in 2500 copie.
Non contenta, Einaudi rifiuterà nuovamente il romanzo nel 1952. Solo nel 1958 Se questo è un uomo entrerà a far parte del catalogo einaudiano, diventando un vero e proprio classico.
Perché era stato rifiutato?
Probabilmente, perché confuso con la massa di materiale memorialistico sovrabbondante dopo le atrocità del conflitto e perché sottovalutato.
A questo si aggiunge la sua netta differenza rispetto alla produzione neorealista, dovuta in particolare allo stile aulico dell’opera.
La fattoria degli animali, George Orwell
La casa editrice Faber & Faber (rappresentata niente meno da T.S. Eliot) rifiutò il romanzo La fattoria degli animali, pur concordando sul fatto che fosse “un notevole scritto”, poiché non condivideva il punto di vista con cui Orwell criticava la situazione politica dell’epoca, e in particolare la sua posizione nei confronti dell’Unione Sovietica.
Ancora una volta, il contesto storico si rivela fondamentale: la Seconda guerra mondiale è ancora in corso e la situazione particolarmente delicata.
"Sono molto dispiaciuto, perché chiunque pubblicherà questo romanzo avrà naturalmente l’opportunità di pubblicare i suoi lavori futuri: e ho molta considerazione per i suoi lavori, perché lei è un esempio di scrittura di fondamentale integrità".
L’amante di Lady Chatterley, David Herbert Lawrence
“Per il tuo bene, non pubblicare questo libro”: il rifiuto del romanzo di D.H. Lawrence è stato lapidario, ma, se vogliamo, lungimirante.
Pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1928 (in lingua inglese), il romanzo venne presto messo al bando per oscenità e processato.
Le sue descrizioni fin troppo esplicite (edulcorate nella prima traduzione italiana, nel 1945, tanto da tradurre “to fuck” con “baciare”) erano considerate “tali da tendere a depravare e corrompere le persone”.
Solo nel 1960 il romanzo poté tornare in circolazione: in soli due anni raggiunse 2 milioni di copie vendute.
Diario, Anna Frank
Non uno ma quindici furono gli editori che rifiutarono, per motivazioni diverse, le memorie che Anna Frank aveva affidato al suo diario.
Non solo: la prima casa editrice che finalmente accettò di pubblicare il Diario censurò ben 25 passaggi del manoscritto e ne ampliò altri a scopi didascalici.
Le modifiche furono approvate dal padre Otto, che era già intervenuto notevolmente sul testo, eliminando i passaggi contenenti le critiche di Anna a sua madre e le sue riflessioni riguardo alla sessualità e al ruolo della donna nella società.
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ibri rifiutati di scrittori contemporanei.
Anche la storia editoriale più recente offre una casistica di esempi curiosi legati alle opere di autori noti e amatissimi dal pubblico.
Qualche esempio:
Stephen King: tra i tanti rifiuti ricevuti da King, il più clamoroso è quello di "Carrie", dovuto al fatto che:
“i racconti di fantascienza con utopie negative non vendono”.
J.K. Rowling: i fan di "Harry Potter" ringraziano che la storia del libro non sia stata ostacolata dalle decine di rifiuti ricevuti dalla sua autrice. Fu la figlia del presidente della casa editrice Bloomsbury a convincerlo a pubblicare "Harry Potter e la pietra filosofale".
Mario Puzo: "Il padrino" è stato rifiutato da grandi editori italiani con le più svariate motivazioni: è volgare, crudo, violento, grossolano e “Puzo” è un cognome “impresentabile”.
Carlos Ruiz Zafòn: pare che secondo alcuni editori "L’ombra del vento" avrebbe potuto vendere solo tre copie.
Andrea Camilleri: "Il corso delle cose", primo romanzo di Andrea Camilleri, aspettò dieci anni di attese e rifiuti prima di essere pubblicato.
Susanna Tamaro: con le sue prime due opere ("Illimitz" e "Falco") Tamaro riceve ben 26 rifiuti in dieci anni.