7 OTTOBRE: SENZA ALTERNATIVA

di Giuseppe Kalowski, Tel Aviv, 6 ottobre 2024

 

 

Dal terribile giorno del massacro del 7 ottobre 2023 Israele ha ancora 101persone in ostaggio a Gaza, ha seppellito centinaia di soldati e civili e circa 70.000 cittadini residenti al nord si sono dovuti spostare più a sud per evitare i razzi di Hezbollah.

L'incredibile resilienza di Israele e del popolo ebraico in generale ha comunque un limite: come ho già scritto nel mio precedente articolo del 18 settembre scorso ("Un anniversario di guerra") Israele non può permettere una interminabile guerra di attrito con Hezbollah; l'eliminazione del capo di Hezbollah, Nasrallah, e l'invasione del nord del Libano da parte dell'Idf segnano l'inizio di una nuova delicatissima fase: per chi ancora non l'ha capito, a Israele, dopo lo scempio del 7 ottobre, non basta più un "cessate il fuoco" o una tregua temporanea. La popolazione, e noi tutti, chiediamo una soluzione definitiva ai continui attacchi da nord e da sud. Lo scontato sconfinamento di Israele in Libano è l'unica via per ottenere sicurezza per la popolazione israeliana: mentre scrivo, arrivano razzi in continuazione sempre più in profondità nel territorio ebraico.

Chi crede che sia possibile un accordo senza un intervento militare è uno sprovveduto o è in malafede. Per poter arrivare a un "cessate il fuoco", Hezbollah deve essere cacciato fino al fiume Litani con la forza, in modo che possa essere finalmente applicata la risoluzione 1701 del 2006 fino ad oggi mai di fatto adottata.

Hezbollah non può essere eliminato ma può essere ridimensionato tramite una sconfitta militare che verrebbe vista di buonissimo occhio dai libanesi di fede diversa; l'obiettivo deve essere un nuovo equilibrio politico all'interno del Libano che dia maggiore forza alle altre componenti religiose del paese dei cedri. Con la morte di Nasrallah il movimento sciita si è indebolito e gli USA credono che ci sia l'opportunità di poter eleggere un nuovo presidente, che manca da due anni, non succube di Hezbollah.

Se tutto questo avverrà, potrà esserci un nuovo futuro nei rapporti tra  Israele e il Libano, e il giorno in cui Hezbollah verrà  eliminato ci saranno i presupposti per un trattato di pace tra i due stati.

La "campagna di terra" di Israele in Libano, concepita come ho scritto, è la testimonianza tangibile che il 7 ottobre è presente nella coscienza di tutti, una commemorazione sul campo, perché esprime un segnale inequivocabile: " Stiamo combattendo affinché non possa accadere mai più".

Un "mai più" già evocato, ma evidentemente non sufficiente per allertare la nostra memoria che ci ha fatto cadere nuovamente nella trappola.

L'apatia e l'indifferenza del mondo e delle istituzioni internazionali da quasi un anno non hanno lasciato alternative a Israele : l'invasione del Libano ha l'appoggio totale della popolazione israeliana e della classe politica, in contrasto alla cronaca degli ostaggi che sta dividendo e lacerando  la società israeliana.

Hamas, di là dalle chiacchiere, e per stessa ammissione della amministrazione americana, non è interessato a un accordo con Israele per la liberazione degli ostaggi. Sinwar ha capito che l'unica speranza di sopravvivenza sua e di Hamas è l'allargamento del conflitto; solo così può sperare in un allentamento della pressione militare israeliana a Gaza. Ma forse le cose non procedono come Sinwar sperava, visto il fallimento dell'attacco missilistico iraniano del 1 ottobre e l'andamento della guerra in Libano. Il destino degli ostaggi è in mano, purtroppo, a questo folle calcolo.

Il 7 ottobre 2023 deve insegnarci un concetto fondamentale: non dobbiamo avere paura, ma dobbiamo essere consapevoli di combattere per una causa giusta, rimanere uniti senza cadere nella stucchevole polemica politica che la rende ancora più odiosa quando si è nel mezzo di una guerra di sopravvivenza.

Noi tutti ci auguriamo un ritorno a casa degli ostaggi e un nuovo anno di pace: ma si è capito che la pace ce la dovremo conquistare da soli senza farci troppe illusioni.

 

SHANA TOVA!