Mentre alla fine del 2019 il pianeta terra scopriva con sgomento una Cina improvvisamente travolta, in segreto e per un momento custodito con cura, dal COVID 19 che imperversava a Wuhan e, dall'altra parte del mondo, la scena internazionale era inondata di "verità alternative", erette come nuova dottrina politica che si rifaceva alle fosche previsioni di Georges Orwell, il 2020 è stato essenzialmente dominato dalla pandemia di cui il miliardario americano Bill Gates aveva intuito nel 2015, da vero visionario, la minaccia, nel corso di una delle sue lezioni quando diceva:
"Quando ero bambino, la catastrofe di cui avevamo più paura era una guerra nucleare. (...) Ma oggi, il rischio più grande di catastrofe globale non assomiglia a questo. Assomiglia invece a questo", e mostrava, in diorama, il modello in bianco e nero del virus H1N1. Poi continuava: "Se qualcosa ucciderà più di 10 milioni di persone nei prossimi decenni, sarà probabilmente un virus altamente contagioso piuttosto che una guerra. Non missili ma microbi. Abbiamo investito enormemente nella dissuasione nucleare, ma pochissimo in un sistema per arrestare le epidemie. Il mondo deve prepararsi. Non siamo pronti per la prossima".
In effetti, la nostra Europa e i suoi cittadini, come i governi di quasi tutti i paesi degli altri continenti, si sono trovati improvvisamente di fronte a una grande sfida sanitaria dalle ricadute imprevedibili con ripercussioni umane, sociali, finanziarie ed economiche di ampiezza e di portata tali che si sono dovute adottare, con urgenza e con esitazioni, misure che, se non ovunque identiche, sono senza dubbio senza precedenti, rimandandoci, peraltro, alla celebre opera premonitrice di Albert Camus "La Peste". Il COVID 19 aveva così creato una sorta di nebbia temporale. L'anno 2020, e senza dubbio in parte il 2021, rimarranno innegabilmente fonte di perplessità per gli storici e anche di grande umiltà per i revisionisti così come per ciascuno di noi. L'imprevedibile non è, per definizione, improbabile. Un politologo[1] ha così potuto interpretare questa situazione considerando che si era passati da una logica "preparatoria" a una concezione "riparatrice". Assistiamo quindi increduli e un po' impotenti, anche se la scienza ha compiuto prodezze inventando vaccini a tempo di record, a situazioni disordinate che costringono a riformulare le equazioni in termini nuovi con pesanti conseguenze per le generazioni che dovranno subirne il peso.
È anche su questo sfondo che una drammaturgia europea si è imposta sulla Brexit con i famosi capricci del Primo Ministro di Sua Graziosa Maestà, il quale, con le sue infinite smancerie, sperava di sfruttare al meglio una trattativa senza fine. Tuttavia, l'Unione Europea dei 27 e la Commissione Europea hanno tenuto duro e il 24 dicembre è stato raggiunto un accordo, sul quale Michel Barnier è stato abbastanza lucido da dire che non c'era bisogno di lodarlo perché era "un evento perdente su tutti i fronti" mentre per molti osservatori informati era "un enorme spreco". Per fortuna l'Europa dei 27 si sta dimostrando resistente a queste prove, compresa quella del COVID 19, e quindi del settore sanitario, senza mai perdere di vista i valori fondanti che stanno tanto a cuore a noi umanisti. A questo proposito, è da rallegrarsi che "democrazie illiberali", quali la Polonia e l'Ungheria, abbiano dovuto finalmente arrendersi a realtà immateriali, grazie soprattutto, va rilevato, alla bravura della presidenza tedesca che ha saputo trovare i termini di un "accordo preliminare" sotto forma di "dichiarazione interpretativa" che garantisca un meccanismo che leghi l'accesso al bilancio del piano di risanamento da 750 miliardi di euro al rispetto dello Stato di Diritto, avendo la Corte di Giustizia Europea voce in capitolo sugli arbitrati finali. Agli eterni euro pessimisti, l'Europa ha così potuto dimostrare che, nonostante i diritti di veto, non cederà mai a coloro che credono di potersi esentare dai princìpi che costituiscono un caposaldo, e non negoziabile, della sua struttura. Il messaggio di fermezza inviato, inoltre, alla Turchia, per sancire le sue azioni illegali e aggressive nel Mediterraneo, è stato un altro segnale salutare che meriterà di essere ricordato.
Sulla scena internazionale, il posto eminente occupato dagli Stati Uniti d'America ci ha costretto, dal 2016 e con un mandato presidenziale caotico senza precedenti, a subire con una certa rassegnazione mista a indignazione, un'erosione degli standard etici e dei parametri di riferimento nel mondo a profitto di rapporti di forza dove l'empatia era assente. Questa osservazione vale anche, e va qui deplorata, per certi altri attori che avrebbero comunque dovuto avere la vocazione a lavorare con più umanesimo, ma che, al contrario, hanno ceduto alla vertigine della loro Hybris grazie a questa crisi in definitiva rivelatrice.
Una forma di "evaporazione del reale", anch'essa contagiosa, anche ai massimi livelli di certe realtà massoniche, ha preso troppo a lungo il sopravvento, anche con la cultura di una "verità sollecitata", con gli avversari mutati in nemici inconciliabili, senza lasciare così spazio alcuno per gli spiriti liberi. Non aveva già scritto Milan Kundera che "Imporre se stessi agli altri, è la versione più grottesca della volontà di potenza"? Una situazione tragica per tutti quelli che, come noi, umanisti e idealisti, figli e figlie dell'Illuminismo, alimentano la speranza di un'umanità più generosa e più giusta, speranza con cui, in questo contesto, ci riconcilia il pensiero di Edgar Morin quando testimonia: "Ho mantenuto le mie ispirazioni adolescenziali mentre perdevo le mie illusioni. Non credo più a nessuna promessa, a nessun futuro luminoso, a nessun messia. Siamo condannati a vivere, come dice Freud, nel cuore della lotta tra Eros e Thanatos, e io continuo a scegliere la parte di Eros".
In quest’anno 2021, quindi, una buona occasione per noi per ricordare che, con resilienza, non rinunciamo mai alle nostre posizioni di guardia e non cediamo in alcun modo al richiamo delle sirene che, qua e là, invitano "a esentarci dalle leggi della pace”. (Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari).
Philippe BUSQUIN - Presidente S.EU.RE aisbl - Membre Académie royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique
[1] Zaki Laïdi, professeur et directeur de recherche au Centre d'études européennes de l'Institut d'études politiques de Paris.