Altri mari lassù, e dunque altri lidi, che ombra e luce insieme delimitano: sirti, riviere, lagune, colli d’istmi orlati d’azzurro e ancor più glauchi guadi.
E perciò ecco che, mentre là un equoreo abisso orlato di ghiacci si stende dalla zona mediana dell’orbe fino alle coste di quei continenti che gli fanno splendente corona, pare quasi che – guiderdone alla fatica di chi veglia – una notturna mappa di questi nostri luoghi m’appaia nel plenilunio: una terra sospesa a mezzo il cielo, che pallide fiamme colte d’accatto ricingono all’intorno, mentre al di là del tramonto il dio sempre aureo profondamente riposa tra gli estinti.
Ma non sarà forse, o Tritonia lucente, la fiacchezza dei miei lumi tentennanti a maculare il tuo volto, altrimenti sì puro di consuetudine? Però ora ha buon gioco ad irridermi il disco che biancheggia dinanzi ai miei poveri occhi, mostrandomi a dileggio un aspetto serioso. E invano il guardo va errando sul tuo specchio appannato,alla ricerca d’un Oceano che non vedo.