HINENI ECCOMI , di Alessandro Y. N. Scuderi
© ETICA, novembre 2024
RECENSIONE di Barbara de Munari
C'è una parola ebraica, una di quelle che fanno vibrare cuore e mente, che meglio di qualsiasi altra esprime un comune livello di vicinanza, si tratta di «Hineni», che potremmo tradurre con «Eccomi».
«Hineni» è la risposta di Abramo, di Giacobbe e poi di Mosè a Dio che li chiama.
Hineni significa in ebraico antico «eccomi» e si riferisce al versetto della Torah ”Dopo queste cose Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». [Ed egli] rispose «Eccomi (hineni)!»”. (Genesi 22,1).
Emmanuel Lévinas (1906-1995), filosofo ebreo francese, scriveva: «L’obbligo fondamentale che abbiamo è quello di metterci a disposizione del bisogno (specialmente della sofferenza) dell’altra persona … Mi viene comandato di dire ‘hineni!’ … Quanto più vicino mi faccio a un altro – considerando i comuni livelli di vicinanza (in particolare, ad esempio in una relazione di amore) – tanto più sono tenuto a essere consapevole della mia distanza dall’afferrare la realtà insita nell’altro, e tanto più sono tenuto a rispettare questa distanza…
E l’intuizione fondamentale della moralità consiste, forse, nel percepire che io non sono “uguale” agli altri, e in un senso molto preciso: io mi vedo “obbligato” dallo sguardo d’altri e di conseguenza sono infinitamente più esigente verso me stesso che verso gli altri».
Questa ci sembra essere la chiave di lettura dell’opera di Alessandro Y. N. Scuderi – non a caso intitolata «HINENI - ECCOMI» - che è la storia, narrata attraverso brevi scritti e riflessioni, della sua vita di Poliziotto, di servitore dello Stato, di compagno d’armi, ma anche di fratello, amico, figlio, marito e padre. Una vita non facile ma vissuta a pieno, fino ad assaporare il fondo di tutte le emozioni da essa offerte, dolore e gioia, paura e felicità, amore e morte, smarrimento e coraggio.
Non è facile peraltro presentare una personalità importante, schiva e complessa come quella di Alessandro Y. N. Scuderi, Poliziotto sì, ma, prima di tutto e al disopra di tutto, Uomo. E lo ringraziamo per avere voluto scrivere questo libro, ben consapevoli di cosa rappresenti per lui, abituato al silenzio, parlare un po’ di se stesso.
Ha visto molte volte la morte e molte volte il male, in tutte le loro tragiche varianti; ma, nonostante tutto il buio attorno, non ha mai smesso di cercare anche una fioca sorgente di luce.
Tuttavia, come afferma, non si esce indenni da decenni di lotta alla mafia e al terrorismo, è impossibile, soprattutto nella sua amata terra di Sicilia, che rappresenta come un microcosmo a parte.
Con delicatezza e con rara trasparenza, in questo libro Alessandro Y. N. Scuderi ci parla delle sue emozioni più profonde, riflette sul suo passato, espone i suoi pensieri, ci comunica i suoi stati d’animo: non si vergogna, si commuove e si indigna, se del caso…
Nutre un irrazionale – ma comprensibilissimo - senso di colpa che si porta dietro da decenni, quando cede al ricordo delle giovani vite spezzate dei suoi colleghi e dei suoi commilitoni: una vita di asprezze e di durezze non è riuscita a impermeabilizzare il suo cuore dal dolore.
E ci dovrà convivere per sempre.
È un po’ come il senso di colpa dei sopravvissuti in generale a qualche evento luttuoso, in particolare ai campi di sterminio nazisti, e lui si concede la debolezza (forse l’unica) del ricordo e del dolore.
E afferma che sì, il dolore si può lenire con il tempo, ma anche con l’introspezione e la meditazione: anche se le cicatrici rimangono, com’è giusto che sia, poiché è accaduto ciò che le ha procurate e nulla accade per caso.
Ma quando l’occhio cade sulla carne, o il pensiero sullo spirito o la memoria ferita sul passato, il dolore riemerge. È del tutto inutile cercare di soffocarlo; il dolore deve essere compreso, tollerato, confortato esso stesso, esorcizzato in qualche modo, se pure per frazioni di tempo… e non represso.
E tuttavia nessuno lo ha costretto ad andare in prima linea, afferma, se non il senso del dovere. Non ha mai avuto ripensamenti.
La rabbia piuttosto, di cui spesso non gli viene chiesto nulla, quella è la scheggia impazzita dei suoi pensieri neri, riferita all’essere stato mandato in un campo minato, dove le mine erano state messe, anche, da quanti, tanti, teoricamente, sarebbero dovuti stare dall’altra parte della barricata, la sua, ma che purtroppo e sciaguratamente non avevano i suoi stessi ideali.
I suoi racconti, rapidi e pacati, portano in scena personaggi e vicende che sono state raccontate poco o mai, prima d'ora, storie di “eroi minori”, spesso gli eroi di una lunga contesa che dura intatta, tra immensi rischi e incurabili ambiguità – e ne scrive e li descrive con l'intensità di una tragedia greca e con la proprietà di linguaggio di una commedia shakespeariana... sì che è bello leggerle e camminare insieme a lui nelle sue emozioni.
E tuttavia, come scrittore, Alessandro Scuderi appare già, in veste di co-autore, nel 2018, collaborando con due scritti preziosi e delicati: “Le mura vuote” e “Le Rose di Terezin” all’Opera collettiva “Un mondo che non dimentica. La Shoah”, di Cesare Israel Moscati, © ETICA, Torino, 2018, presenti anche in questo libro.
Nel 2020, compare come protagonista ed estensore della Postfazione al libro A un passo da Provenzano, (di Giampiero Calapà, © UTET, Torino, 2020 – anche in Audiolibro, © 2021 Storyside); il libro-intervista che Giampiero Calapà gli ha dedicato tratta di tre episodi fondamentali e storici, nella lotta alla mafia, che lo hanno visto protagonista: l’arresto di Totuccio Contorno, il tentato attentato contro Giovanni Falcone all’Addaura e l’indagine, soffertissima, sull’omicidio di Luigi Ilardo, nell’ambito della cosiddetta “Trattativa Stato-Mafia”.
Nel 2021 cura, con rara sensibilità, intuito e intelligenza, la Prefazione al libro “La Storia di Hannah”, di Emanuele ben Israel Moscati e Barbara de Munari, © ETICA, Torino, 2021.
Drammatico e disarmante, schivo, dignitoso e umano, Scuderi, il Poliziotto Siciliano, ci fa capire che l’etica può - e deve – essere basata su una relazione con le persone, ma una relazione che sia totalmente priva di narcisismo, con l’ulteriore accentuazione che per essere privi di narcisismo si deve rispettare – e accettare - l’alterità, la poliedrica differenza dell’altro da noi.
«Lev shomeà» significa «un cuore che ascolta» e l’espressione si trova nel I Libro dei Re (Profeti anteriori - Neviim): «Dà dunque al tuo servo un cuore intelligente perché io possa amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male» (I Libro dei Re 3, 9).
Un cuore «che ascolta» è tradotto come «intelligente» proprio perché l’ascolto non deve essere passivo, ma deve impegnare la propria mente. Ed è così che si dipana la storia e s’inanellano gli scritti di Alessandro Y. N. Scuderi: come l’incontro e il superamento di una prova suprema, in una relazione strettissima tra la fiducia e l’obbedienza; in un atteggiamento di DONO DI SÈ, di accoglienza, di messa a disposizione, di apertura.
Perché, se non è nostro compito creare, nostro compito è trasformare, trasmutare, rettificare, elevare, con umiltà e attenzione, con sapiente conoscenza tanto delle leggi dei cieli e del mondo quanto dei costumi e del carattere degli uomini.
Perché, anche se cadiamo, ci rialziamo, perché vogliamo andare avanti, perché il nostro cuore è e rimane integro – alla ricerca di amore, di senso, di riconoscimento.